Il Carnevalino a Pescia è una tradizione che vive da decenni, ma di cui si è persa la memoria. A me l’ha raccontata Marino Angeli, che della città è memoria storica e cantastorie brillante.
L’usanza di dare un giorno di vacanza in più a chiusura del Carnevale risale probabilmente agli anni del Ventennio, quando, tra le due guerre mondiali, la città conobbe un certo decollo industriale e un moderato e diffuso benessere. Gli operai e gli imprenditori festeggiavano, ognuno a modo suo, il martedì grasso: i “veglioni” si protraevano fino all’alba. Del resto, lo dice il termine stesso, che si “vegliava”, e andare a dormire a un’ora decente era fuori questione. Ma essendo il giorno seguente lavorativo, capitavano sovente incidenti: qualcuno lasciava le dita in un macchinario, qualcun altro si distraeva durante un passaggio importante, insomma, l’alcol e la mancanza di sonno della notte precedente creavano non pochi problemi.
Da noi per esempio era in piena attività l’azienda Del Magro, che produceva pentolame in acciaio e dava lavoro a molti pesciatini, e moltissimi altri erano impiegati nella floricoltura. Fu stabilito allora, visto che i dispositivi di sicurezza lasciavano a desiderare, semplicemente di concedere ai lavoratori una giornata “cuscinetto”, per riprendersi dai festeggiamenti (o farne di nuovi).
Poiché si entrava in Quaresima, che i vecchi di allora chiamavano la “Vigilia Nera”, mangiare carne era proibito: si aggirava pertanto il divieto andando a cercare il pesce al mare. Pare quasi di vederle, quelle Fiat e quelle Alfa Romeo cariche di ragazzi che partivano attraversando il Quiesa alla volta dei ristoranti già rinomati di Viareggio o di Forte dei Marmi. Alcuni di loro erano riuniti in una confraternita, la Società del Fil di Ferro: un gruppo di gaudenti, che si divertivano più di tutti. Oggi, qualcuno continua ad andarci, al mare nel giorno di Carnevalino: e chissà se i pesciatini che lavorano fuori città chiedono ancora ferie come allora. Devo ricordarmi di chiederlo a Marino, la prossima volta che lo incontro in piazza.
Stefania Berti
Foto di Roberto Maraviglia
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