“Una Rosa è una rosa è una rosa“.
Questo è l’epitaffio voluto da Gertrude Stein sulla sua tomba parigina.
Tale definizione del fiore evoca, tra le altre, la sua breve durata, cioè “lo spazio di un mattino”, tanto che, dall’antichità fino al medioevo, aveva assunto per i poeti il ruolo di fiore funerario per chi perdeva la vita precocemente.
In realtà, la sua struttura concentrica ha evocato l’idea della ruota, del tempo che scorre, del ciclo vita-morte-vita, tanto che l’oculo aperto nelle facciate delle chiese medievali viene chiamato rosa o rosone, o anche rota.
Numerose, nel corso dei secoli, le interpretazioni che studiosi, e soprattutto i poeti, annullata questo fiore, la cui natura può appassionare chi dovesse sceglierlo come approfondimento.
Lei possiede un turbine di petali che si concentrano verso il centro del bocciolo, simbolo di un segreto ermetico come l’Eterno, sconosciuto per l’uomo; fiore che è diventato un emblema dell’arcano, come quello donato da Eros a Venere. Ad un attento osservatore non sarà sfuggito che, nel quadro dipinto da Alessandro Filipepi -il Botticelli- La nascita di Venere, la dea sorge dalle acque sotto una “pioggia” di rose, che celebra non solo la bellezza divina ma anche il sacro sposalizio fra Cielo e Terra, e l’amore fecondo suscitato dalla dea come abbondante produttrice di frutti.
Tra gli altri, nel tredicesimo secolo fu composto in Toscana, un poema: il “fiore”, il cui autore protagonista, ser Durante, è ignoto, sebbene recentemente, si sia voluto identificarlo addirittura con Dante Alighieri, il cui vero nome proprio era Durante. La conclusione di questa opera che è l’amante, dopo aver superato mille prove, riesce finalmente a penetrare nel chiuso giardino, dove l’aspettava madamigella Bellaccoglienza, raffigurata come una rosa straordinaria.
Ma nel già nel Rinascimento, nelle sue rime, con un sapiente gioco di parole e di allusioni, il Poliziano rese la rosa rossa un simbolo decisamente profano, e superiore rispetto al culto di Maria. Comunque, fin dall’antichità, ogni tipo di rosa ha evocato nel linguaggio dei fiori un sentimento o un messaggio.
Fino a poco tempo fa, la rosa bianca evocava il silenzio e la segretezza, ed anche il candore e l’innocenza. Quella a fiore variegato, l’amore tradito; la rosa borracina, la bellezza capricciosa; la rosa canina, l’indipendenza e la poesia. Con la gialla si denunciava l’infedeltà e la vergogna.
Con la rosa muschiata, si accusava: “siete bella ma capricciosa”; con quella Tea, la gentilezza della donna amata, ed altre ancora.
Idealizzata come già visto, nel simbolo di Maria, col trascorrere dei secoli anche la rosa ha perso il suo originale messaggio religioso spogliandola di quella singolarità, pur mantenendo fino al secolo scorso un dono ricco di un linguaggio di classe.
Oggi, basta una tavoletta qualsiasi e la sua immagine la puoi inviare al capo al mondo. A quando, una tavoletta intelligente la farà sbocciare tra le mani di una donna amata?
PS: occhio però, focosi e incauti amanti, alle spine.