Il fiore che preannuncia, e simboleggia, la primavera è la margherita, chiamata anche pratolina e/o primaverina.
Una sua caratteristica, che ha interessato molte città nel periodo rinascimentale, era quella del rinnovamento dell’anno, cioè il fissare l’inizio di quello nuovo il 25 marzo, giorno dell’Immacolata Concezione.
Infatti diversi pittori fiorentini, in particolare il Botticelli, il Ghirlandaio e Gentile da Fabriano, La dipingevano nei loro quadri ed affreschi in ricordo della nascita di Cristo, e dell’adorazione dei Magi, perché alludeva alla Primavera della Redenzione.
In effetti, tanto il suo pistillo giallo-oro (solare), quanto i petali, che passano dal bianco al rosa, si richiamano al nuovo sole primaverile, così come il bianco simboleggia l’alba che si colora nel rosato annunciando l’ascesa dell’astro sopra l’equatore celeste. Giovanni Pascoli nei suoi Nuovi Poemetti, cantò così la “Bellis perennis”, ne tracciò pochi versi che andrebbero ripassati per riscoprire di nuovo il suo estro poetico nell’accostarsi alla natura più umile:
“Chi vede mai le pratelline in boccia?
Ed un bel dì le fratelline in fiore
empiono il prato e stellano la roccia
(…)
Ti chiudi a sera, e chi sa mai per cosa
sei chiusa all’alba, ed il perché sai tu
o primo amore, o giovinetta sposa,
o prima e sola cara gioventù!
È il verno, e tutti i fiori arse la brina
nei prati e tutte strinò l’erba il cielo:
ma te vedo fiorir primaverina“.
Nel latino classico, infatti, si chiamava Bellis; poi verso il dodicesimo secolo, si appropriò del nome della Perla: margarita. Già allora le avevano attribuito facoltà profetiche in amore, ed io sono uno degli ultimi che ho sbagliato, petalo per petalo, recitando “M’ama, non m’ama“.
Nel linguaggio dei fiori evoca Candore, Innocenza, Grazia, Bontà ma dice anche: “ci penserò”. Infatti, con un’audacia che sconfinava nell’incoscienza, noi bimbetti raccoglievamo alcune margheritine e, arrossendo dalla vergogna e col cuore che batteva forte nella gola, la si offriva a lei, come pegno di un affetto che non sapevamo cosa realmente fosse.
Un tuffo in un passato ormai troppo lontano ma, seppure io sia un terragno, mi sovvien che “…il naufragar m’è dolce in questo mare“.
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