Numerose partite e tanti goal memorabili di Giancarlo Finardi, classe 1954, impreziosiscono la storia della Cremonese.
Ancora oggi a Cremona Finardi è autorevolmente considerato una bandiera e un protagonista a tutti gli effetti del calcio locale.
Il nome di questo calciatore, rigorista raffinato, è legato anche all’Atalanta. Infatti crebbe in questo club e in esso attualmente ricopre il ruolo di dirigente del settore giovanile.
D. Finardi, la sua lunga esperienza calcistica si è suddivisa soprattutto in due squadre Atalanta e Cremonese, vero? E come avvenne il suo passaggio dall’Atalanta alla Cremonese?
R. «Ho iniziato a giocare nel settore delle giovanili dell’Atalanta dai 15 ai 19 anni, raggiungendo la squadra primavera, e poi passai alla Cremonese in serie C. A quel tempo la Cremonese era la società satellite dell’Atalanta. Infatti vari giocatori atalantini passarono poi alla Cremonese. A Cremona rimasi per cinque anni consecutivi: quattro militando in serie C1 e uno in serie B. Nell’ultimo campionato 1977/78 feci molto bene e a fine stagione mi riprese l’Atalanta in serie A».
D. Il suo esordio in serie A risale al 1° ottobre 1978. Ricorda quella partita?
R. «Certo. Era la partita Catanzaro-Atalanta che terminò 0-0. Ero ritornato a Bergamo dopo cinque anni a Cremona, dove avevo fatto bene. Rimasi a Bergamo per due anni consecutivi, non disputati ai massimi livelli. Sicuramente pagai l’essere a casa e vivere il calcio da casa e probabilmente non ero pronto. Così ritornai nella Cremonese, avendo avuto anche la possibilità di scegliere di trasferirmi nell’Avellino che militava nel campionato di serie A. Volevo ritrovare me stesso e fu la cosa migliore. Nella Cremonese, infatti, quando giunse Emiliano Mondonico nelle vesti di allenatore riuscimmo dalla serie C a conquistare la serie A».
D. Nella classifica dei marcatori della Cremonese è menzionato tra i primi posti storici con 61 reti in dodici stagioni. Cosa significa per lei questo traguardo importante?
R. «È un traguardo importante. Sono stato un centrocampista e saper calciare le punizioni e i rigori mi ha aiutato tantissimo. Al secondo posto figura Emiliano Mondonico, che prima fu anche mio compagno di squadra e poi mio allenatore. Emiliano, al di là del rapporto agonistico, è stato soprattutto un amico. Abbiamo trascorso tanti anni insieme nella Cremonese. Spesse volte partivamo dalle nostre case con la stessa macchina per recarci a Cremona. Era lui il goleador».
D. Si definisce un attaccante o un centrocampista?
R. «Ho sempre giocato da centrocampista in tutti i ruoli. Giocavo a tutto campo come centro campista basso, mezza punta, mezzala».
D. Può ricordare un episodio durante la sua permanenza nella Cremonese?
R. «Episodi da raccontare ne avrei tanti. Ho disputato oltre 400 partite soltanto di campionato. Il ricordo proprio bello fu quando Emiliano Mondonico subentrò all’allenatore Guido Vincenzi: disputavamo il campionato 1981/82, sembravamo spacciati e invece ci salvammo battendo il Brescia a Brescia. Io realizzai il goal decisivo al 90° su calcio di rigore, che sancì il risultato 3-2 a nostro favore e che condannò il Brescia alla retrocessione in serie C1. Se non battevamo il Brescia retrocedevamo noi e avremmo dovuto ripartire dalla serie C1. Fu la partita della svolta perchè nella stagione successiva sempre con Mondonico giungemmo a disputare gli spareggi per la promozione in serie A. Invece nel campionato 1983/84 conquistammo la serie A».
D. Infatti, al termine del Campionato 1983/84 la Cremonese conquistava la serie A dopo tanti anni. Cosa ricorda di quella promozione storica?
R. «Ricordo che eravamo una grande famiglia iniziando dal presidente Domenico Luzzara e dal vice presidente Giuseppe Miglioli, che furono gli artefici della “costruzione” della Cremonese. Eravamo un gruppo di tanti giocatori come Mario Montorfano, Felice Garzilli, Claudio Bencina, Gianluca Vialli, Walter Viganò, Graziano Mazzoni; a questi si unì Marco Nicoletti proveniente dal Como; e fu la vittoria del gruppo e della società che credette sempre in noi. Giocare nella Cremonese era sempre una festa».
D. Quale campionato disputato con la maglia grigio rossa ritiene più entusiasmante? E quello più insoddisfacente?
R. «I primi campionati furono i più belli. Non c’era la pressione di dover raggiungere determinati obiettivi. Giocare era un divertimento ed era bello. Ho giocato con tanti amici che hanno formato il solito gruppo per più stagioni. Questa amicizia ci ha indotto a vedere il calcio in una certa maniera e senza, ripeto, pressioni. All’epoca vivevo con la mia famiglia che aveva un bar. Se non avessi proseguito nel calcio sarei ritornato in famiglia a fare il barista, anche se ho il diploma in ragioneria e un’esperienza universitaria. Invece mi sono trovato a fare il calciatore e a lavorare nel calcio ancora oggi a 70 anni.
Il campionato più insoddisfacente fu l’ultimo che disputai, quello del 1986/87. Giocai poco. Ero giunto ad una certa età e probabilmente l’allenatore preferì effettuare scelte diverse. Al termine di quel campionato giungemmo agli spareggi per la promozione in serie A. Fu un anno che mi sentivo ancora bene e mi dispiacque molto per aver dato poco alla squadra».
D. Come valuta l’operato dei presidenti Achille Bortolotti e Domenico Luzzara, rispettivamente di Atalanta e di Cremonese?
R. «Erano due imprenditori che impiegavano tempo e denaro nel calcio. Entrambi fecero bene. Luzzara nella Cremonese ha vissuto per diversi anni sostenendosi nel crescere e vendere ragazzi. Come del resto Bortolotti con l’Atalanta. Oltre a essere presidenti erano anche due grandi persone. Sono stato fortunato e dove ho giocato ho sempre avuto presidenti seri, importanti nel loro mondo e soprattutto sensati».
D. Quale dei suoi allenatori ricorda con particolare affetto?
R. «Al di là di Emiliano Mondonico che prima di tutto è stato amico, compagno di squadra e poi allenatore, ricordo Ilario Castagner, che possedeva una visione calcistica molto in avanti. Poi nella Cremonese Battista Rota, che mi fece crescere e mi volle in serie A con l’Atalanta. Li ricordo tutti. Stefano Angeleri, con cui conquistammo con la Cremonese la serie B al termine del campionato 1976/77; e poi Guido Vincenzi».
D. Sia nell’Atalanta che nella Cremonese ha incontrato giocatori eccellenti che appartengono alla storia del calcio italiano. Nella Cremonese hanno giocato dei calciatori che hanno lasciato impronte indelebili; pensiamo, per esempio, a Mario Montorfano, Felice Garzilli, Marco Nicoletti, Gianluca Vialli, Walter Viganò ecc. Cosa può dirci in merito?
R. «C’è sempre stato un grande rapporto e c’è tutt’oggi. Ci sentiamo e vediamo spesso. Sembra ancora di essere lo stesso gruppo di quando giocavamo assieme. Ho avuto anche la fortuna di conoscere ragazzi che sono diventati dei veri campioni, come Antonio Cabrini e lo stesso Gianluca Vialli. Inoltre ho avuto la fortuna di avere Gaetano Scirea come compagno di squadra quando militavo nelle giovanili dell’Atalanta. Era un ragazzo veramente eccezionale, come lo fu anche da calciatore. Amato da tutti perchè era una persona per bene. Gaetano fu davvero un signore sia nel campo che fuori dal campo. Un altro compagno di squadra importante è stato Luciano Bodini. Con lui ho giocato nelle giovanili dell’Atalanta, poi nella Cremonese e di nuovo con l’Atalanta in serie A. Sia Gaetano Scirea, sia Luciano Bodini passarono alla Juventus».
D. Nel corso della sua carriera gli sono pervenute delle proposte da altre squadre?
R. «Come ho detto precedentemente, l’Avellino era interessato a me. Anche il Perugia allenato da Castagner mi voleva. Dopo i due anni trascorsi con l’Atalanta fra 1978 e 1980 preferii ritornare a Cremona perchè sapevo di ritrovare un ambiente dove mi sarei realizzato».
D. Conclusa l’esperienza con il calcio giocato ha intrapreso quella di allenatore, che ha suddiviso tra Atalanta e Cremonese.
R. «Sono orgoglioso che la mia vita di allenatore abbia avuto questo esito: Cremonese-Atalanta e di nuovo Cremonese-Atalanta. Il fatto di essere ritornato da allenatore e da dirigente in queste due squadre significa che ha sempre prevalso il rispetto vicendevole. Nella Cremonese sono stato allenatore della squadra Primavera. Anche nell’Atalanta ho allenato la squadra Primavera per otto anni consecutivi (1999/2007), durante i quali ebbi un’esperienza nella prima squadra, sostituendo Giovanni Vavassori, culminata con la retrocessione in serie B giocando lo spareggio con la Reggina. Poi il presidente della Cremonese Domenico Luzzara mi richiamò nelle vesti di vice allenatore di Emiliano Mondonico, e qui rimasi per cinque anni quale responsabile del settore giovanile, riportando con me anche i miei compagni Mario Montorfano, Marco Nicoletti e altri. Dal 2013 sono ritornato all’Atalanta su richiesta del presidente Antonio Percassi, mio compagno di squadra nelle giovanili atalantine con Scirea e Bodini, quale dirigente del settore giovanile».
D. Come valuta i cambiamenti avvenuti nel Calcio nel corso di questi ultimi vent’anni rispetto ai suoi anni ’70 e ’80?
R. «Era un calcio più familiare. Giocando nella Cremonese per tanti anni si era formato un rapporto fraterno. Quando qualcuno di noi esordiva era una festa per tutti, perchè c’era solidarietà, amicizia e rispetto. Oggi è tutto diverso. A sedici anni i ragazzi vengono già venduti e hanno il loro procuratore e molte aspettative. Oggi è tutto diverso».
D. Ritiene che il calcio abbia una funzione educativa?
R. «Ti racconto un episodio: un giorno sono andato a prendere mia figlia all’Università a Bergamo. Mentre la stavo aspettando in macchina mi si è avvicinato un giovane, Pietro, che avevo allenato nelle giovanili dell’Atalanta e mi dice: “Buongiorno mister. Dovrò sempre ringraziarla per avermi aiutato a crescere. Anche se non sono giunto ai livelli importanti del calcio non ho mai pesato sulla mia famiglia e poi mi sono laureato in ingegneria, sudando la laurea come si suda sul campo durante una partita”. Mi ha fatto molto piacere che il calcio abbia contribuito alla sua crescita e alla sua formazione».
D. Finardi, il suo cuore è nerazzurro atalantino o grigiorosso?
«È un cuore nerazzurro atalantino, anche perchè questi ultimi miei anni nel calcio li vivo nell’Atalanta. Vent’ anni con la Cremonese non sono pochi e 400 partite in grigiorosso non si possono dimenticare».
(Foto pagina facebook Giancarlo Finardi)
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.