I Camaleonti sono un gruppo musicale italiano nato negli anni sessanta come parte del movimento musicale del beat italiano».
Sono anche queste le parole con le quali i canali social definiscono lo storico gruppo musicale milanese.
I Camaleonti vantano una vasta discografia con brani di successo che ne ha confermato il valore negli anni. Anche le cinque partecipazioni al Festival di Sanremo appartengono alla loro storia.
Siamo onorati di ascoltare quasi il “simbolo” dei Camaleonti, Livio Macchia, voce solista, basso e chitarra, che gentilmente ci ha rilasciato questa intervista.
D. Come nacque il vostro gruppo? E come si sviluppò?
R. «Eravamo un gruppo di amici e sin dai banchi della scuola, piacendoci la musica, ci siamo messi insieme e piano piano abbiamo iniziato a esibirci negli oratori, nei teatri degli stessi oratori, nei piccoli club. Visto che la cosa ebbe successo abbiamo deciso di fare seriamente e di continuare».
D. Quali furono le qualità che, sviluppaste e vi condussero al successo?
R. «La voglia di suonare, le voci e l’essenza delle nostre canzoni, che è una cosa molto importante. Tutto il resto arrivava piano piano, a mano a mano che andava avanti la nostra storia, questa specie di avventura».
D. Quali emozioni avvertiste partecipando al Festival di Sanremo del 1970?
R. «La partecipazione al Festival di Sanremo giunse dopo qualche anno della nostra carriera. Partecipammo al Festival un po’ incoscienti. Avevamo già avuto il successo con la canzoni “E’ l’ora dell’amore”, “Io per lei”, “Applausi”, eccetera. Quando ci chiesero di partecipare al Festival non eravamo tanto convinti. Ma poi aderimmo. Fu il nostro primo Festival di Sanremo e presentammo la canzone “Eternità”. Fu un grandissimo successo».
D. Secondo lei, la vostra canzone “Eternità” poteva vincere?
R. «Certo che poteva vincere. Ma a quel Festival partecipò anche Adriano Celentano con la canzone “Chi non lavora non fa l’amore” che vinse. Le canzoni erano tutte belle. Noi ci classificammo al quarto posto».
D. Le vostre canzoni quali messaggi offrono?
R. «Messaggi d’amore senz’altro. Sono canzoni che sono piaciute e che piacciono anche adesso. Non vogliamo lanciare dei messaggi. Con le voci che avevamo cantavamo canzoni d’amore. Non c’è un motivo. Non vogliamo fare i “Cristicchi” della situazione. Non si può rapportare le malattie e tutto il resto in una canzone. Assolutamente no. Non era e non è nella nostra natura».
D. Se dovesse elencare le vostre canzoni di successo, quali citerebbe?
R. «“Applausi”, “Mamma mia” composta da Lucio Battisti, “Io per lei”, “L’ora dell’amore”, “Viso d’angelo”, “Eternità”, “Perchè ti amo”, “Come passa il tempo”… Quest’ultima l’abbiamo cantata con i Dik Dik e Maurizio Vandelli al Festival di Sanremo del 1993. Peccato che quel testo non fu capito. Anche lo stesso Pippo Baudo, che presentò quell’edizione, rimase molto male della nostra esclusione dalla finale. Però ebbe un buon successo ed è molto bella. Fu composta da tre autori toscani: Giancarlo Bigazzi, Beppe Dati e Riccardo Del Turco».
D. Cosa ha significato per il vostro gruppo la presenza di Tonino Cripezzi?
R. La sua voce era unica. Purtroppo se ne andato abbastanza presto… La sua voce, ripeto, era unica. Piacque a tutti e tutti un pochino l’hanno copiata. L’ hanno copiata i Pooh, i Profeti… questa maniera di cantare».
D. Al mondo di oggi ci sono canzoni che lei considera di valore pari alle vostre?
R. «No. Non ci sono. Oggi è tutto uno streaming e visualizzazioni. Una volta si vendevano i dischi e con la loro vendita ci rientravano delle royalty, con le quali si poteva comprare anche un appartamento. Oggi con gli streaming che ti compri? Una confezione di uova … Noi abbiamo venduto anche due milioni di copie in dieci settimane con la canzone “L’ora dell’amore”.
Oggi non ci sono canzoni belle. Le canzoni più belle sono quelle di allora. Ho seguito questo Festival (edizione 2025 ndr) e lo ritengo mediocre. Non ho ascoltato una canzone che mi sia piaciuta. Il successo deve giungere piano piano a gradini e volta per volta».
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