Lettere dall’Agenzia delle Entrate | Laura Bianchi

Da qualche anno la Pubblica Amministrazione, e in particolare l’Agenzia delle Entrate, ha messo in atto una politica di “compliance” nei confronti dei contribuenti, ossia attività volte ad agevolare e promuovere la “conformità”.

Lo strumento più comune è l’invio di comunicazioni che evidenziano la presenza di anomalie tra quanto dichiarato dai contribuenti e quanto risulta dalle banche dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate. Tali comunicazioni non costituiscono accertamenti né atti impugnabili quindi, ma soltanto avvertimenti: in poche parole il contribuente viene invitato a rivedere la propria posizione in base ai dati noti alla P.A., in modo da agevolare la sanatoria da parte dello stesso contribuente stesso.

Talvolta le anomalie possono essere spiegate facilmente e non riflettere alcuna mancanza da parte del contribuente, altre possono derivare da effettivi errori od omissioni anche involontari da parte dello stesso che in tale caso, essendo avvisato prima che sia effettivamente partito un accertamento a suo nome, potrà, tramite l’istituto del ravvedimento operoso, provvedere in via autonoma a sanare la situazione con risparmio di costi garantito dall’istituto del ravvedimento stesso.

La procedura in realtà è quasi una forma di garanzia del contribuente che se ha commesso qualche errore, può correggerlo prima che sia oggetto di accertamento.

Ultimamente la compliance si è allargata con la proposta di concordato preventivo e sanatoria formale ed è degli ultimi giorni notizia che i contribuenti con partita IVA e redditi inferiori a certi limiti, sono stati raggiunti da lettere che evidenziavano come anomalia il basso reddito. Queste ultime informative vengono vissute dai contribuenti come una sorta di “inquisizione” o premessa all’accertamento; in realtà occorre riflettere sul fatto che la segnalazione appare correlata ad un solo dato (il basso reddito) la cui motivazione può essere il risultato di diversi eventi anche personali (come ad esempio variazione di attività stessa, pensionamento e contemporanea continuazione dell’attività a ritmi ridotti, aver subito un intervento etc.) tutti chiaramente poi dimostrabili e pertanto, salvo il caso di effettive omissioni, non c’è da allarmarsi soprattuto se tale condizione non è permanente.

Per i quesiti:  laura7701@virgilio.it

Laura Bianchi | Dottore Commercialista