SS. Crocifisso di Santa Maria Maddalena. La storia, le curiosità, le foto

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LA STORIA

Nell’edicola posta sull’altare maggiore della Chiesa di S. Maria Maddalena, prospiciente la Cattedrale, si custodisce il noto Crocifisso ligneo in cedro. Nel corso dei secoli, molti storici si sono interrogati sull’iconografia e sullo stile dell’opera tanto da ipotizzare la formazione di una scuola artistica locale specializzata nella produzione di queste sculture.

Negli anni Settanta del secolo scorso a seguito di nuove ricerche fu stabilito l’ambito di derivazione stilistica che risulta molto vicino, almeno nella conformazione generale della statua, alla maniera proveniente da Andrea da Pontedera (Pontedera, 1290 circa – Orvieto, 1348 o 1349) più conosciuto come Andrea Pisano.

La tipologia iconografia è quella tipica del Cristo sofferente sulla croce a cui si accosta nella postura del corpo, nella testa reclinata, nella posizione delle braccia nonché nella scritta misteriosa dipinta sulla fascia che cinge i fianchi. Per diversi secoli eruditi e studiosi locali a partire dall’abate Costantino Gaetani (Siracusa 1560 – Roma 1650)  fino ad arrivare all’altrettanto noto Luigi Lanzi (Treia, 1732 – Firenze, 1810) hanno cercato di individuare in quei segni particolari che corrono obliquamente lungo la benda, in aderenza con la gamba, un significato spirituale. Solo negli anni Settanta del Novecento, Ottavio Banti ha riconosciuto nella conformazione grafica dei segni “cufici” la scritta Ave Verbum. Tale scoperta ha peraltro confermato la tipologia iconografica della Cristo doloroso, che appunto appare con il Suo sacrificio il vero Salvatore del mondo.

L’unicità formale della scritta enigmatica è oltremodo confermata dalla presenza di segni che rimandano alla irregolarità del ramo dell’Arbor Vitae. Nell’analisi visiva dell’opera in questione, dalla statua lignea emergono contrasti stilistici e iconografici, come ad esempio il ruolo così importante che ha nella composizione la tensione delle braccia gravate sotto il peso del corpo, la conseguente flessione drammatica delle gambe evidenziata dalla forte muscolatura, la nervatura a rilievo nel dorsale dei piedi uniti da un unico chiodo posti sul suppedaneum, elementi questi che contribuiscono ad accrescere il tono di pathos del soggetto rappresentato. Inoltre sono degne di nota la resa della bocca e le labbra dischiuse nell’esalare l’ultimo soffio di vita.