Madonna del Baldacchino di Raffaello, tra storia ed episodi leggendari

E’ nella sua casa, a Pesciala Madonna del Baldacchino. Il capolavoro incompiuto di Raffaello, sarà esposto nella Cattedrale di Pescia, dove si trovava in origine, fino al 30 luglio 2023.

La storia, spesso confusa con episodi leggendari, narra che nel 1507, durante il suo periodo fiorentino, Raffaello ricevette la commissione per eseguire una pala per ornare l’altare della cappella di una nobile famiglia nella chiesa di Santo Spirito, a Firenze.

La tavola rimase incompiuta per la partenza di Raffaello per Roma, chiamato nell’autunno del 1508 da papa Giulio II che gli affidò la decorazione dei suo appartamenti in Vaticano. Alla morte di Raffaello l’opera fu acquistata da Baldassarre Turini, potente segretario di Leone X e datario apostolico, grande amico di Raffaello di cui fu pure esecutore testamentario, rampollo di una delle famiglie più in vista di Pescia, il quale la collocò nella propria cappella nella cattedrale di Pescia (dov’è adesso).

Lì rimase fino al 1697, quando il Gran Principe Ferdinando, figlio primogenito di Cosimo III de’ Medici, Granduca di Toscana, si “innamorò” dell’opera e l’acquisì, tra la rabbia e l’incredulità degli abitanti di Pescia, comunque ricompensati con diecimila scudi ed il restauro dell’organo della cattedrale. L’opera fu traslocata a Firenze nella reggia di Palazzo Pitti, sua attuale sede, dove è esposta tra i capolavori della Galleria Palatina.

Il quadro fu prelevato di notte e, successivamente, sostituito con una copia, quella di Pier Dandini, tuttora esposta in Duomo. Le due opere, l’originale di Raffaello e la copia di Dandini, saranno posizionate l’una al fianco dell’altra.

La leggenda narra che la singolare posizione eretta assunta da Baldassare Turini nel  ritratto marmoreo, opera di Pierino da Vinci, nipote di Leonardo, è dovuta al “miracoloso risveglio” del Turini dalla morte proprio nell’attimo in cui fu asportata dalla Cattedrale di Pescia la tavola raffaellesca della Madonna del Baldacchino, che era stata di sua proprietà.

Si tratta di un olio su tela di dimensioni 248 cm x 216 (dimensioni originali della tavola) – 280 cm x 216 (con l’ampliamento del 1697). Infatti, per adattarla al contesto della collezione del Granduca, la pittura fu ampliata nella parte superiore dal pittore di corte Niccolò Cassana. Si spiegano così il coronamento del baldacchino a forma di cono e la calotta a lacunari che ricalca quella del Pantheon a Roma.

Il restauro compiuto presso i laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure tra il 1987 e il 1991, e le recenti indagini compiute dallo stesso istituto in occasione della iniziativa di Uffizi Diffusi hanno stabilito che la pittura ha gradi diversi di avanzamento nell’esecuzione, ma in nessun punto è del tutto completa, confermando così l’antica testimonianza vasariana.