La conferenza del prof. Vitali sulle icone di Alessandra Giulia Romani

Il 14 dicembre il prof. Paolo Vitali, direttore della Biblioteca Capitolare di Pescia, ha tenuto un incontro dal titolo “Iconografie un racconto per immagini”, che ha avuto luogo presso il centro culturale “POMA libera tutti” di Pescia.

Lo storico ha invitato ad osservare le immagini non solo dal punto di vista storico-artistico. Queste presentano infatti anche un importante valore devozionale, taumaturgico. Esiste un rapporto profondo tra le opere sacre e il fedele che scopriva una sorta di unione profonda con esse, un dialogo, perché il santo a cui si sentiva legato rispondeva alle sue preghiere.

La narrazione è iniziata con un’opera di Giorgio Vasari che ritrae San Luca, intento a dipingere la Madonna con bambino. Il soggetto riprodotto sulla tela è appena abbozzato. Alle spalle del santo è raffigurato il suo simbolo che è il bue e vi sono personaggi che osservano. «Si riteneva che San Luca fosse il primo pittore della Vergine. L’accademia più importante di Roma è l’accademia di San Luca proprio perché è il santo pittore» ha detto Vitali. 

Si è scoperto che molte immagini acherotipe, cioè di mano divina, provengono dal Medio Oriente ed altre da un’area moscovita russa. Una di queste ultime è la Madonna Salus Popoli, la più celebre di Roma. La leggenda la attribuisce a San Luca. Risale all’VIII secolo però abbiamo documenti intorno al 1000. E’ custodita in Santa Maria Maggiore, nella cappella Borghese, dove si trova un altare fatto costruire alla fine del ‘500 da papa Pio V, il pontefice che ripromosse il culto della Vergine con il rosario. E’ un’immagine bizantina con fondo oro. Raffigura la Madre di Gesù come una matrona romana, con  il manto che si allunga sulla testa. Rivolge un saluto e, con un atteggiamento materno, mostra il figlio. Il volto osserva il fedele. Nel centro della sua fronte è raffigurata una stella, simbolo della verginità di Maria. Il bambino è vestito alla romana. Gli abiti confermano l’antichità dell’immagine.

L’incontro è proseguito con la famosa tavola “San Francesco e storie della sua vita” di Bonaventura Berlinghieri che possiamo ammirare nella chiesa monumentale di San Francesco di Pescia. 

L’opera è firmata e risale al 1235 per cui è ritenuta la più antica raffigurazione del frate di Assisi. La tradizione storiografica pesciatina afferma che sia stata eseguita dopo il passaggio di San Francesco nella città. Arrivò a Pescia nel 1494 per intervento della famiglia Mainardi che la collocò nella chiesa di San Francesco sul terzo altare di destra in prossimità del presbiterio. Può darsi comunque che sia stata dipinta nella città.

San Francesco è rappresentato al centro, in piedi. A fianco del suo corpo sono narrati sei episodi riguardanti il santo, che seguono la biografia del francescano Tommaso da Celano. Il racconto inizia in alto a sinistra con la scena, ambientata sul monte Verna, in cui il poverello di Assisi riceve le stimmate. Dal fondo oro emergono delle architetture e in alto è raffigurato un angelo, da cui provengono raggi di luce, che però molto probabilmente sono andati perduti nei secoli.

Un altro episodio ritrae San Francesco mentre parla agli uccelli. In mano ha il vangelo, accanto a lui vi sono i suoi fratelli. Tommaso da Celano racconta che gli uccelli si posarono su un albero ed erano talmente tanti che non si vedeva più l’albero. San Francesco quindi è rappresentato come il nuovo evangelizzatore.

Sono poi dipinti i miracoli post mortem di San Francesco. In uno di essi il santo guarisce una bambina dal collo torto. La madre la depone ai piedi della tomba del francescano. Sull’altare sono collocati un calice, una pisside, un libro ed è sormontato da un’architettura dall’aspetto di un ciborio. E’ narrata anche la cura di alcuni ragazzi storpi da parte di San Francesco che appare sull’altare. Le architetture mostrano il legame di Bonaventura Berlinghieri con l’ambiente bizantino.

In un altro episodio miracoloso San Francesco libera dagli ossessi. La donna viene rappresentata con il seno scoperto e come la vittima maggiore poiché è colei che si è lasciata ingannare dal serpente e ha spinto l’uomo al peccato. Il professore ha commentato: «A me piace molto il diavolo perché il diavolo è qualcosa che in fondo ci fa conoscere anche tutte le nostre perplessità e il medioevo è pieno. Il Medioevo è luminoso, è straordinario, è pieno di fantasia e non ha paura del diavolo».

Al centro della tavola è rappresentato San Francesco. Si temeva che non fosse riconosciuto percui lateralmente fu posta la scritta rossa “Francisci”. Il volto è molto espressivo e concentra tutta la forza negli occhi. Molto probabilmente Berlinghieri ha voluto riprodurre il vero volto di Francesco. Tommaso da Celano racconta che fosse un uomo secco, dal viso duro, emaciato, di piccola statura e vestito con l’abito dell’ordine.

L’opera, celeberrima, nel 1614, nello spirito della riforma cattolica, fu coperta da una tela di Alessandro Bardelli da Uzzano, realizzata in occasione di un anniversario riguardante la morte del santo.

Nel dipinto era presente l’icona centrale e non comparivano le immagini laterali poiché si ispiravano alla biografia di Tommaso da Celano, in cui San Francesco è mostrato come una reincarnazione di Cristo. La tavola di Bonaventura Berlinghieri fu di nuovo mostrata nel 1851.

Il professore ha concluso l’incontro mostrando gli affreschi nella chiesa di Sant’Antonio Abate a Pescia. Fu costruita nella seconda metà del ‘300 dall’ordine dei canonici Antoniani, che curavano il fuoco sacro. Bicci di Lorenzo dipinse la zona presbiteriale raffigurando la vita di Sant’ Antonio abate, il primo anacoreta. Il pittore, dell’ordine dei mendicanti, ritrasse «però non un santo medievale ma un santo tardo antico, del terzo secolo, egiziano per giunta» afferma il professor Vitali.