“Mio figlio ha il diabete”. L’odissea di una mamma tra balzelli burocratici ed una “vita normale”

Crescere un figlio è una straordinaria avventura non priva però di imprevisti e difficoltà. E certi “ospiti sgraditi”, come il diabete, ad esempio, non si possono rimandare al mittente.

E’ il caso di uno splendido bambino di 3 anni e mezzo, che abita in zona, a cui un anno fa è stato diagnostico il diabete di tipo 1.

“La vita cambia, riuscire a riorganizzarsi non è semplice e la gestione della malattia occupa spazio, tempo, e soprattutto energie”, sono le parole della mamma del piccolo, ogni giorno alle prese con distorsioni burocratiche, lungaggini, cecità delle istituzioni.  

La donna è impiegata, ha scelto un contratto part-time per stare vicino al figlio. Ma così ha rinunciato ad una parte di stipendio. Oggi riscuote 800 euro al mese, anziché 1.450.

Recentemente, e per il secondo anno di fila, le è stato negato l’indennità di accompagnamento. Solo la cosiddetta indennità di frequenza, ma si tratta di 270 euro al mese.

“Mio figlio ha bisogno di iniezioni di insulina, anche quattro volte al giorno. Indossa un sensore glucometro che monitora il quadro glicemico e ci avverte in caso di sbalzi significativi”.

Il piccolo fa sport e interagisce alla perfezione con i bambini della sua età. “Facciamo di tutto per rendergli la vita normale, ma non è sempre semplice. Non può abbuffarsi di gelato o biscotti o più semplicemente mangiare una mela quando vuole. Devo concordare con lui ogni pasto. Ne va della sua stessa vita…”.

“Com’è possibile che la commissione medica incaricata dall’Ausl non abbia ravvisato i requisiti per accedere ai benefici”, è l’urlo di disperazione, misto ad orgoglio, della mamma che non intende arrendersi.

Farò ricorso -ha detto-. Confido nella sensibilità di qualche Giudice”.