Ormai da quasi un mese ci ha lasciato Ornella Vanoni. Un’artista che senza dubbio potremo definire tra le più luminose protagoniste della musica italiana.
Si è spenta a Milano il 21 novembre scorso nella città dove nacque 91 anni fa, al termine di una carriera settantennale e ricca di successi e di riconoscimenti.
La stampa e tutti gli organi mediatici le hanno dedicato molti servizi. A ricordare Ornella Vanoni nelle pagine del nostro giornale è intervenuto il noto cantautore Mario Guarnera che l’ accompagnò in un’occasione importante come quella del Festival di Sanremo del 1967.
D. Quali doti artistiche si potevano riscontrare in Ornella Vanoni?
R. «Rispetto ad altre cantanti Ornella era un interprete eccezionale, cosa molto difficile. Sapeva gestire molto bene le parole. E questo non è cosa da tutte le cantanti».
D. Come spiega la sua longevità nel campo musicale?
R. «La sua longevità fa parte anche del suo carattere. Poi dobbiamo dire che c’è stato qualcuno che l’ha tenuta in considerazione e questo è molto meritevole per alcune persone nonostante l’età. Col passare del tempo i grandi, i miti possono perdere qualche nota della loro voce, non possono avere più un certo spessore, ma il loro modo di esprimersi salta sempre fuori».
D. Secondo lei, quali momenti della sua carriera ritiene più importanti?
R. «Sono tante le cose da vedere nella sua vita. Il suo attaccamento alla musica brasiliana è molto importante. Lei piaceva molto ai brasiliani e ai brasiliani piaceva molto lei. Quando si parla di musica brasiliana si parla di musica complicata e difficile. Praticamente, quando apriva la bocca Ornella si capiva chi era».
D. Alla sua morte le hanno dedicato molte parole. Lei come le piace ricordarla?
R. «Ho avuto la grande fortuna di partecipare al Festival di Sanremo nel 1967 e di cantare in coppia con lei la canzone “La musica è finita” quando avevo diciassette anni e questo è un ricordo strano e al tempo stesso molto bello. La conobbi in quell’occasione ma non ebbi la possibilità di frequentarla. Ero imbranato, timido e non potevo stare al tavolo a parlare con lei. Lei, nei miei riguardi, fu una persona dolcissima e tranquillissima. Successivamente Ornella incise una mia canzone, “Sincerità”, che Mina aveva rifiutato. Al momento dell’incisione ero in sala con Ornella e ricordo che mi disse: “Fammi sentire come la canti tu e come la pensi”. Fui molto imbarazzato. Mentre la cantavo mi interruppe e mi disse: “Ho capito; adesso la canto come desidero io”. Ornella non sottovalutava le persone, non le utilizzava a proprio piacimento. Fu sempre molto carina e, soprattutto, sincera».
D. Ha citato la sua partecipazione al Festival di Sanremo nel 1967 insieme a Ornella Vanoni interpretando la canzone “La musica è finita” composta da Nisa, Umberto Bindi e Franco Califano. Può raccontarci quell’esperienza?
R. «All’età di quindici anni quando frequentavo il liceo artistico, mi esibivo già in un locale di Bologna chiamato “La grondaia”, dove avevano appeso dei miei disegni e dove suonava mio fratello Bruno; ma non solo mio fratello Bruno, anche mio fratello Paolo, che poi fondò un complesso musicale che si chiamava “Paolo e i gatti”. Questo gruppo era composto da vari musicisti e alcuni di loro diventarono membri del celebre complesso “Equipe 84”. Tra questi c’era anche Francesco Guccini con la chitarra. A noi varie volte si univa Lucio Dalla suonando il suo clarinetto o cantando “Angela” o “La capra Elisabetta”. Suonavo il contrabbasso e c’era anche Andrea Mingardi, quale capo-orchestra, che, a quel tempo, fece un provino per la Casa discografica Ariston Records di Milano. Le maestranze gli chiesero se nel suo gruppo c’era qualcuno che cantava. Io cantavo due, tre canzoni e fu così che, grazie a Mingardi, mi chiamarono a Milano. Giunto a Milano mi trovai Umberto Bindi al pianoforte e con Ornella Vanoni, Franco Califano e Alfredo Rossi, il fondatore dell’Ariston Records. Mi dissero: “Te la senti di partecipare al Festival di Sanremo?” Praticamente l’Ariston Records voleva presentarsi al Festival di Sanremo con due suoi cantanti. Io, ripeto, cantavo appena due, tre pezzi di Bruno Lauzi, ma risposi di sì. Mi trovai così a cantare sul palco di Sanremo emozionatissimo, infatti cantai con la bocca appiccicata al microfono… La canzone ebbe l’accesso alla finale e ci classificammo quarti».
D. Fu un Festival di Sanremo passato alla storia anche per il caso Luigi Tenco…
R. «Ripeto avevo diciassette anni e il giorno prima della scomparsa di Luigi ero a venti metri di distanza da lui nella sala prove. Conoscevo molto bene le canzoni di Tenco. Per la mia giovane età, per la mia timidezza non mi avvicinai a lui, magari anche per chiedergli un autografo. Credimi, me ne sono sempre pentito. Dopo qualche anno ebbi la fortuna di conoscere il fratello di Tenco, Valentino. Questi mi invitò a casa sua e, quindi, alla casa di Luigi Tenco. Valentino, conoscendo quanto ero e quanto sono tutt’oggi attaccato alla musica di Tenco, mi fece vedere la sua chitarra, gli spartiti originali delle sue canzoni, tra le quali “Vedrai, vedrai”, “Angela” ecc… e perfino la lettera del suo addio. Fu un’esperienza indelebile e che non potrò mai dimenticare.
D. Quanto ha significato nella sua vita artistica la collaborazione con Ornella Vanoni?
R. «Dunque ho avuto modo di lavorare sette anni con Gino Paoli e spesse volte al termine dei suoi concerti mi capitava di trattenermi a parlare con lui. Il piacere della compilazione del testo di una canzone scritta in una certa maniera e con un certo gusto mi è venuto dallo stile sia di Ornella sia di Gino e da altre serie cose. Ciò era dettato da come comportarsi. Ornella era una persona diretta».
D. Nel 1968 partecipa nuovamente al Festival di Sanremo non in coppia con la Vanoni ma con Little Tony interpretando la canzone “Un uomo piange solo per amor”; cosa ricorda di questa seconda esperienza sanremese?
R. «Ricordo che quando mi fu presentato il testo dall’autrice delle parole dissi che, a mio avviso, “un uomo non piange solo per amor” e questo creò già una certa antipatia. La canzone, però, non mi apparteneva… A quel tempo dovevo fare l’eurovisione e Little Tony intervenne dicendo che lui era il personaggio più importante e doveva fare l’eurovisione altrimenti non si sarebbe esibito nell’ultima serata. Rimasi molto male per questa cosa. Ornella certe cose non le avrebbe fatte sicuramente…».
D. Dai primi degli anni ’70 in poi cosa accadde nella sua carriera?
R. «Dopo il Festival di Sanremo, partecipai al “Cantagiro” e a “Settevoci” condotto da Pippo Baudo. E partecipai ad altri programmi televisivi. Terminato il servizio militare frequentavo Lucio Battisti e sua moglie. Spesso andavamo a mangiare al ristorante spagnolo, ma le porte del mondo musicale mi si erano quasi tutte chiuse.
Lucio Dalla addirittura, per darmi una mano, mi presentò alla RCA. Ricordo che Lucio parlò molto bene di me, ma il direttore della RCA, senza che me ne accorgessi, gli rispose: “Questo non farà mai niente”. Quindi ero completamente squalificato… Poi caratterialmente sono sempre stato una persona che non ha mai preteso. Non mi sono mai considerato bravissimo. Devono essere gli altri a valutarti. Ci sarebbero tante altre cose che potrei raccontare, ma diventerebbe troppo lunga. Desidero sottolineare che durante questi anni e durante gli anni Ottanta ho realizzato anche diversi dischi come cantautore e un LP con la casa discografica di Mina».
D. Dagli albori degli anni ’80, invece, si dedica anche a comporre celebri musiche pubblicitarie. Può spiegarci questo ulteriore percorso artistico?
R. «Per quelle strane coincidenze che la vita ti offre fui esortato a comporre una musica per lo spot pubblicitario di una birra. Feci successivamente il provino che risultò positivo. Mi meravigliai moltissimo. Da allora, siamo nel 1982, mi si aprirono un mucchio di porte. Infatti il telefono squillava sempre per chiedermi di comporre nuove cose. Componendo musiche per pubblicità, tenendo provini anche per gli interpreti, capii che mi ero riqualificato e mi ero rimesso in gioco. Comporre musiche per pubblicità era come cucire dei vestiti per misura per gli altri. Le mie composizioni per spot pubblicitari, come per esempio per l’amaro Averna, per il Cynar…, sono state anche interpretate da cantanti come Enzo Jannacci e Alex Baroni. Mi è mancato un produttore che potesse pubblicizzare il mio lavoro».





































