Luca Della Scala: fedeltà e professionalità esemplari. Intervista di Carlo Pellegrini

L’Empoli conquistò la serie A per la prima volta al termine del campionato di serie B 1985/86.
A raggiungere quel traguardo storico contribuì notevolmente anche il mediano Luca Della Scala che per l’Empoli costituì una presenza di grande valore sia agonistico che umano. E tanto è stato il suo amore per questa squadra e per questa città al punto da sceglierla come luogo di abitazione.
Della Scala si è reso ben disponibile per rispondere alle nostre domande.

D. Della Scala, quali ricordi le suscita la domenica 13 dicembre 1987?
R. «In quella domenica realizzai il mio primo e unico goal in serie A. È un ricordo che non morirà mai. Chi realizza cento goal può anche dimenticarlo, ma chi ne realizza uno, come me, non pò assolutamente dimenticarlo».

D. Può descriverci quella bella rete?
R. «Ricevetti la palla da Incocciati e mi trovavo a una quindicina di metri fuori dall’area avversaria e da solo. Mi venne di calciare la palla che prese quella traiettoria e realizzai il goal. Sinceramente fu un bel goal e il tiro fu davvero bello».

D. Forse è stato un goal tra i più belli della storia calcistica dell’Empoli
R. «Non esageriamo, ce ne sono stati di meglio… Però è stato un bel goal e, credo, che sia stato uno dei più bei goal della serie A durante gli anni che indossavo la maglia dell’Empoli. In quegli anni l’Empoli non realizzava molti goal e quelli che segnavamo erano molto belli. Se ne realizzavamo uno bello era il più bello».

D. Della Scala possiamo definire la sua esperienza calcistica “con l’Empoli e per l’Empoli”, vero?
R. «Sono di Arezzo. Iniziai a giocare nella Tuscar Canaglia e poi passai nelle giovanili della Fiorentina, dove rimasi per ben cinque anni, dei quali due nella squadra primavera. Giunsi nell’Empoli agli inizi del campionato 1982/83 quando la squadra era allenata da Giampiero Vitali e vi rimasi fino al campionato 1988/89 quando sulla panchina sedeva Gigi Simoni prima e Ferdinando Donati dopo. Poi ho indossato per due anni la maglia del Catania e per un anno quella della Massese».

D. Durante questi anni, l’Empoli dalla serie C1 giunse alla serie A. Quale campionato ricorda con particolare nostalgia?
R. «Il primo anno della serie A conseguito al termine del campionato 1985/86. Iniziammo a giocare in serie A partendo benissimo. Vincemmo le prime due partite battendo l’Inter e l’Ascoli. Le nostre prime partite casalinghe le giocavamo allo stadio comunale di Firenze. Era stracolmo. Noi si proveniva da una realtà molto, molto piccola e non eravamo abituati a certe platee e a certi scenari. Con la terza partita affrontammo la Juventus, con la quale eravamo insieme in testa. Fu un evento veramente eccezionale. Dopo questo inizio effervescente riprendemmo il nostro cammino come doveva essere e lottammo per non retrocedere fino all’ultima giornata del campionato, che fu un’apoteosi. Infatti vincemmo a Como e ci salvammo. Fu una soddisfazione enorme».

D. Si aspettava allora la promozione in serie A?
R. «Non si aspettava. Fu una cosa che giunse inaspettata e fu affrontata nella maniera giusta perchè eravamo un gruppo eccezionale guidato dall’allenatore Gaetano Salvemini, una persona veramente straordinaria, brava e con tutte le doti del caso. Ci fece molto crescere e ci aiutò molto. E poi vedemmo il risultato».

D. Ritene davvero che il valore aggiunto di quell’Empoli “magico” fosse il gruppo?
R. «Sì. Eravamo un gruppo di ragazzi affiatati e che ci aiutavamo l’uno con l’altro. Non c’erano screzi fra di noi. All’interno dello spogliatoio ognuno compiva il proprio dovere secondo le indicazioni dell’allenatore e questa era la cosa principale. Si proveniva dalla serie B con delle ottime basi, alle quali furono aggiunti degli elementi che aumentarono la qualità del gruppo».

D. Dopo due anni consecutivi in serie A l’Empoli al termine del campionato 1987/88 retrocesse in serie B. Cosa accadde veramente?
R. «La squadra fu penalizzata di cinque punti a causa di un illecito sportivo risalente agli anni precedenti. Sul campo ci salvammo. Se non avevamo quei cinque punti di penalizzazione la squadra aveva nuovamente centrato l’obiettivo della permanenza in serie A. In quel campionato eravamo addirittura più forti dell’anno precedente. L’organico si era impreziosito con giocatori come Lucci, Brambati, Incocciati, l’indimenticato Enrico Cucchi, Baldieri… tutti calciatori che hanno continuato a giocare a grandi livelli. Nel gruppo era stata inserita della qualità notevole».

D. E dopo la retrocessione in serie B l’Empoli affondò in serie C1
R. «A mio avviso la società sbagliò. Tentò subito di risalire in serie A. Acquistò dei calciatori che non erano abituati a giocare in una squadra di provincia e soprattutto a lottare. Quando ci trovammo in difficoltà mancò quella “cattiveria” necessaria per uscire da una situazione che si era creata e che era pericolosa. In quel campionato fu sostituito anche l’allenatore. Insomma la cosa non fu gestita bene in tutti i sensi».

D. In questi anni disputati con la maglia dell’Empoli ha mai pensato di trasferirsi in altre squadre?
R. «A Empoli mi trovavo bene. Sarei rimasto anche con la retrocessione in serie C1. Purtroppo per altre decisioni fui costretto ad andare via. Per quanto mi riguarda non ebbi mai richieste di altre società. Per me l’Empoli era il massimo e si era creata una situazione veramente ottimale».

D. E poi avvenne il suo passaggio al Catania. Come visse questo trasferimento?
R. «A Catania allora vigeva sempre un modo di pensare all’antica. Il presidente, essendo un politico, guardava più al suo consenso elettorale che a puntare all’innovazione. La campagna acquisti aveva portato giocatori più per fare nome, come me che venivo dalla serie A. Il primo anno non andò male, ma il secondo giocai pochissimo e poi non ebbi quel “feeling” con l’allenatore. Fu un’esperienza abbastanza pesante».

D. Gli anni corrono… Cosa affiora nella sua mente quando pensa alla sua carriera calcistica vissuta sui campi della serie A, B e C1?
R. «Una grossa soddisfazione e la consapevolezza di aver giocato in degli anni che, penso, per i campionati italiani sono irripetibili. A quei tempi in Italia giocavano calciatori a livello mondiale e io ho avuto la fortuna di incontrarli».

D. Tante sono le partite che ha disputato. Ce ne sono alcune che non appartengono all’ordinarietà?
R. «Non potrò mai, mai dimenticare la partita disputata contro la Sampdoria che terminò 2-2. Vincevamo 2-0. Gianluca Vialli realizzò un goal di rovesciata eccezionale. E’ un ricordo veramente indelebile. Fu una grande e bella partita che non potrò mai dimenticare. Era il 24 gennaio 1988».

D. Come affrontò il suo congedo dal mondo del calcio giocato?
R. «Disputai l’ultimo anno da professionista nella Massese in serie C1. Al termine pensavo ad una possibilità di rientro nello staff dell’Empoli, ma non mi fu data la possibilità. Ci rimasi male, perchè ci speravo molto.
Dopo un po’ ho allenato per due anni gli allievi nazionali dell’Empoli prima e quelli regionali dopo.
Nel frattempo fondai un’azienda insieme all’amico Andrea Salvatori, compagno di squadra nell’Empoli e nel Catania. Mi rimaneva assai difficile gestire gli allenamenti e la mia azienda. Fui quindi costretto a scegliere: o fare l’allenatore o fare l’imprenditore. Scelsi di fare l’imprenditore».

D. Se dovesse rivedersi in un ragazzo di oggi cosa gli suggerirebbe?
R. «Sono cambiati i tempi. Se dovessi dire le cose che provavo ai miei tempi ad un ragazzo di oggi sarei fuori luogo… Le cose sono veramente cambiate. E’ tutto un altro mondo. Anche il mondo del calcio è assai diverso rispetto a quando giocavo io…».