“In questa triste circostanza, sono chiamato dal mio ufficio di arcidiacono ad esprimere al vescovo, divenuto emerito, i nostri devoti sentimenti, con un saluto di augurio e di ringraziamento. Dirò parole sincere, anche se colorate dalla mia esperienza e dalle mie convinzioni.
È la quarta volta che vivo con perplessità e amarezza le circostanze della rinuncia episcopale a questa cattedra pesciatina. La perplessità del mio animo, fortemente dubbioso, mi pare che possa trovare una qualche giustificazione nella rigidità restrittiva con la quale il codice di diritto canonico interpreta un sereno invito espresso dal Concilio Vaticano II. Il Concilio, come tutti sappiamo, esorta i vescovi a rinunciare alla loro sede se per la troppo avanzata età fossero diventati incapaci di adempiere al loro ufficio.
La serena disponibilità con la quale mons. Filippini ha liberamente accolto e adempiuto la esortazione canonica, è un aspetto che manifesta bene il suo stile episcopale. Poiché a me, come ultraottantenne, non è stato concesso di essere un suo diretto collaboratore, lascio che altri parlino della pastoralità di mons. Filippini e mi limiterò a quello che tutti abbiamo visto e udito: dai giornali, dai documenti emanati, dalle omelie ascoltate in cattedrale, e soprattutto dalle sue lettere pastorali. Ne abbiamo una conferma, a mio modo di vedere, della disponibilità, appunto, come suo stile episcopale.
Una disponibilità, certamente sofferta, che si è fatta capacità di assorbire in sé – per tentare di superarli – i limiti, i difetti e diciamo pure gli errori della nostra diocesi: nelle strutture; nei modi di esprimersi, come azione civile e come azione liturgica; negli uomini.
Invece, ha trovato da noi condizioni ormai favorevoli per la soluzione definitiva di vecchi e contrastati progetti di sistemazioni architettoniche o istituzionali. Penso in questo momento alla istituzione e al felice funzionamento della Scuola di Formazione Teologica, di cui nel passato abbiamo tanto discusso e progettato, da quando nel 1978 ne facemmo un esperimento che purtroppo non ebbe seguito.
Allo stesso modo nuove circostanze e nuovi mezzi operativi hanno consentito a mons. Filippini di risolvere l’annosa questione della sistemazione liturgica della cattedrale, incluso il tanto contrastato ricollocamento del fonte battesimale.
Al di là di queste pur importanti realizzazioni, io ritengo di poter cogliere direi quasi il cuore episcopale di mons. Filippini dalle sue lettere pastorali.
Le due lettere pastorali sono belle e significative nella forma, molto curata secondo un preciso pensiero, ed eleganti nella esposizione, composta con disinvolto e signorile linguaggio.
Con la prima lettera, Per i cristiani della diocesi di Pescia, del 21 ottobre 2018, il vescovo con occhi paterni guarda ai giovani, assenti dalle nostre comunità parrocchiali; ai quali offre la testimonianza della propria esperienze, che definisce “bella”: «La fede in Gesù Cristo […], che dà senso, speranza e gioia alla vita, dagli anni acerbi della giovinezza fino a quelli autunnali della vecchiaia». Poi si rivolge a noi adulti, e ci invita a fare altrettanto: «L’invito che rivolgo con questa lettera alla mia Chiesa» – scrive mons. Filippini – «è di essere una comunità adulta e insieme giovane interiormente, nella mente e nel cuore, salda nella fede, ma disponibile a cambiare forme e schemi stantii, per poter stare accanto ai giovani […]. Vorrei una Chiesa» – prosegue il vescovo – «fermamente convinta che il Dio in cui crede dà gioia vera alla giovinezza e che lo sappia comunicare con entusiasmo».
La seconda lettera, Desidero ardentemente vedervi, scritta per la visita pastorale del 2022, esprime l’intento di come il vescovo ha voluto compiere tale suo compito, e diventa pure un esempio di come ciò oggi dovrebbe essere, anche se non si vuole arrivare alla tenerezza di mons. Filippini, che vorrebbe che fosse addirittura «una carezza del vescovo».
In questa lettera predomina il tema dell’amore fraterno ed è espressa la volontà di ascoltare e di costruire insieme. «Cercare insieme le vie» – vi si legge – «per una Chiesa che sia all’altezza della propria vocazione nel nostro territorio».
Lo scopo di preparare o indirizzare la visita limita evidentemente l’orizzonte ecclesiale dell’intera lettera. La quale però diventa anche un testo di meditazione per comprendere il nuovo clima della Chiesa di oggi. Mi piace ciò che si legge in conclusione: «La Chiesa è esortata a superare incertezze e dubbi, deve conservare e seminare fiducia; deve vivere senza paura, in un mondo che sembra refrattario alla fede e ai valori cristiani».
Anzi, vorrei che questa esortazione, che mons. Filippini pone al termine della sua lettera, potesse rimanere come ricordo della sua disponibilità episcopale. Amen”.