Intervista di Carlo Pellegrini
Onorevole Maurizio Carrara, ritiene lei che il sistema di globalizzazione possa aver mostrato in questa circostanza un elemento forte di fragilità?
Il sistema di globalizzazione racchiude al suo interno sia caratteri positivi che negativi.
Quelli positivi superano di gran lunga quelli negativi: pensiamo all’apertura dei mercati, al modo in cui si velocizzano le comunicazioni e si contrae la distanza spazio-temporale e a come si integrano culture identità ed economie diverse.
Ogni medaglia però ha il suo rovescio e il lato negativo, in questo caso, è quello che non siamo più legati semplicemente a ciò che succede all’interno del nostro microcosmo ma ci affacciamo a problematiche sanitarie ed economiche che interessano il mondo intero.
Dunque non ritengo che il sistema globalizzazione debba essere considerato come capro espiatorio nella vicenda sanitaria che il mondo sta oggi attraversando; ci sono stati virus che hanno colpito ampissime zone geografiche anche in anni nei quali non si poteva parlare di globalizzazione (mi viene in mente la febbre spagnola degli anni ’20).
Mi sentirei quindi di non puntare il dito verso la globalizzazione.
Ritiene, quindi, che tale sistema debba essere riconsiderato?
Assolutamente no. Il Mondo è fatto di passi avanti, piccoli o grandi che siano. L’unica cosa che possiamo fare è ottimizzare gli effetti meno positivi della globalizzazione.
Ritiene che la Comunità Europea abbia reagito in maniera tempestiva ed efficace?
Ritengo che ci sia stata da parte dell’Europa una sottovalutazione dei possibili effetti del propagarsi di questo virus.
Potevamo fare di più e meglio per adottare criteri più responsabili e prepararsi con maggiore anticipo ad un possibile arrivo del coronavirus in Europa.
Rispetto alle reali pericolosità del virus, ritiene che ci sia stata una enfatizzazione dei media? Perchè?
Dal punto di vista mediatico ritengo di poter distinguere due fasi di questa vicenda. La prima di sottovalutazione, la seconda di enfatizzazione fino quasi al terrorismo mediatico per poi rendersi conto che in effetti il problema era concreto e reale.
Vista la mancanza di un vaccino la possibilità di sconfiggere prima possibile questo virus sta nella nostra capacità di cambiare temporaneamente le abitudini e dimostrarsi maturi e responsabili verso noi stessi e verso gli altri.
Quali saranno, a suo avviso, le conseguenze negative per l’economia europea e, in particolare, per quella italiana?
L’emergenza sanitaria, che spero si possa risolvere nel più breve tempo possibile, ha segnato l’inizio di una altrettanto preoccupante emergenza economica.
Tutti dovremo rimboccarci le maniche per cercare di recuperare quello che abbiamo perso. In questo caso devono essere gli Stati e ancor di più una Unione Europea forte ad agevolare la ripresa economica mettendo in campo tutti quei meccanismi necessari a fare ripartire l’economia ed a uscire da un periodo di probabile recessione.
Ci sarà bisogno di volontà e coraggio sia da parte delle imprese sia da parte delle istituzioni ma sono sicuro che l’Italia in primis e l’Europa tutta si sapranno rialzare da questo momento delicato e difficile.