…anche Gabriel García Márquez, il più grande e visionario dei narratori, quello che manda Prudencio Aguilar a parlare ogni notte con il suo assassino, che fa ascendere in cielo Remedios la Bella, e cinge di farfalle gialle l’incedere di Mauricio Babilonia, si arrese all’evidenza.
Forse un tantino iconoclasta ma calzante l’aforisma. Il primo sabato d’agosto, nell’Italia del miracolo economico, un lungo serpentone si snodava da nord a sud, lungo l’avveniristica (allora) autostrada del sole. Chiudevano le fabbriche del nord, che dettavano i tempi dell’esodo. Caricate masserizie sulla 600 d’ordinanza, famiglie intere con nonni e frugoli al seguito, scendevano con baldanzosa sicurezza le strade che avevano percorso con la valigia di cartone in cerca di fortuna. Come l’ultimo viaggio di uno sgomero si direbbe a Pescia, con tanto di vettovaglie e tavolino da spiaggia legato sull’”imperiale”, prescindendo solo, vista la canicola, da cardano e trabiccolo.
L’Italia tutta si fermava, ed era una festa. Vero, non trovavi un idraulico, un falegname, un imbianchino. A volte costituiva anche un problema imbattersi in un bar aperto, dove magari acquistare pure le sigarette. Le spiagge del BelPaese rigurgitavano folle oceaniche, e la conquista della battigia passava attraverso duri decaloghi di scavalcamenti di corpi, di interminabili, partite a tamburello, e di bimbi impegnati ad allestire piste di sabbia da solcare con le palline recanti l’immagine del ciclista del momento.
The way we were, così per dire, come eravamo insomma, più semplici, meno pretenziosi, teoricamente più poveri e per questo avidi di cogliere nell’estate la grande moratoria di tutti i problemi, rimandati a settembre come gli studenti, le cambiali, e le operazioni chirurgiche, che, si sa, vanno fatte quando “rinfresca”.
Ricordo quegli anni, a cavallo tra il 60 ed il 70. Il gong era costituito dalla chiusura del Pult. Il Bonazzi chiedeva “baracca e burrattini”, avendo però la delicatezza, insospettabile nell’”orco”, di lasciare fuori le “seggioline”, rugginose e ricoperte da una specie di “scoubidou”. Per me, per il Francalanci, Mauro di Busa, ed altri che non potendo unirsi, per volgarissime questioni di “temporanea” carenza di liquidità, all’orda dei villeggianti, colà bivaccavano. Pomeriggi interminabili, in cui la giornata sembrava non avanzare mai…lavori stradali lasciati incompiuti, che il sole implacabile feriva, lasciando l’asfalto sbreccato a mostrare la sua carne luccicante. Un pomeriggio di questi, Mario di Rizieri, filosofo insigne, consegnò allo stremato uditorio composto dal sottoscritto e da Ivo Menicucci detto Iacche, la seguente perla di saggezza: “Chi è a Pescia oggi è sotto il cartoccio” (ovvero “ha in tasca meno di mille lire”, nota del traduttore).
Pure, rimpiango quei tempi, perché, come dice la canzone, “avevi un nome lungo e breve: giovinezza”. O tempora o mores, come direbbe l’Arpinate…i tempi sono cambiati e con essi inevitabilmente i costumi. “Noi ci siamo”, ammicca la pubblicità di toilettes canine, medici, ristoratori ed operatori vari…finito il tempo delle saracinesche abbassate, esaurite le vacanze di un mese intero, con case affittate allo scopo di ospitare tre generazioni di parenti ed affini. La sagra del pendolarismo, che intasa la bretella, mai orfana di lavori di manutenzione nel periodo, e che occupa militarmente gli stabilimenti balneari nel dì di festa, sostituito nei giorni feriali dal deserto del Gobi. Insomma, la sagra del mordi e fuggi. Poi, dopo aver fatto un po’ di mare occasionale, giusto per darsi una manina di tinta utile a non farci sentire bianchi come altrettanti cardoni scavati, si prenota una settimanetta in Grecia, o magari in Sardegna, e perché no, in Salento, in villaggi all inclusive, ove ti rimpinzano come animali da ingrasso e ti organizzano la giornata, perché ti devi divertire per forza. Ma il bello non è la vacanza, ma le foto in tempo reale sui social e l’album da mostrare ai sodali nelle lunghe serate invernali… .
Mi viene un dubbio, destinato ad essere risolto da fini antropologi o soccorrevoli sociologi…ma che si stava meglio quando si stava peggio…?
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