Graziano Salvatori: l’ironia che rende leggera la vita intervista di Carlo Pellegrini

Quando si parla della sana ironia toscana spesse volte la mente ritorna a una serie di comici affermati in questi ultimi decenni.
Tra questi occupa un posto di rilievo il comico Graziano Salvatori di Fucecchio.
Al suo attivo vanta una bella carriera iniziata sulle reti televisive locali e salita fino alle alte emittenti.

D. Salvatori, quando è emersa in lei la vena di uomo di spettacolo?

R. «Ho avuto un capo comico fantastico, che è stato mio padre. Era un uomo dalla battuta continua, era sempre allegro, era sempre casinista. Io vedevo che la gente rideva quando c’erano le cene e quando si parlava, e io dicevo tra me: devo fare anch’io questa cosa qui e devo diventare come mio padre. Solo che lui lavorava, io poi l’ho presa proprio come la mia professione e, quindi, diciamo fin da bambino, perché già alle scuole medie facevo un po’ casino, facevo le imitazioni dei professori, rompevo, ecco».

D. Quali delle sue partecipazioni televisive preferisce ricordare? Perchè?

R. «“Vernice fresca” è venuta prima e “Aria fresca” è venuta dopo, però io mi ricordo con piacere la partecipazione a “Stasera mi butto” dove proprio arrivai dal niente. Feci questo provino, mi presero e poi da lì feci queste tre puntate con Gigi Sabani, che mi chiamava “il sola” e mi diceva: “A sola…” E io gli dicevo: ma perché mi chiami A sola? E lui: “Perché non sai fare imitazioni e stai a spaccare tutto, ammazza, a sola, a sola”. E, quindi, ho questo bel ricordo di questa trasmissione. Addirittura dopo la prima puntata ricevetti i complimenti da Adriano Celentano. Quella sera Rispoli, che era presidente di giuria, disse che Adriano Celentano, con il quale aveva visto la puntata, si raccomandò di fare i complimenti a quel giovane imitatore che aveva fatto i cani dei personaggi famosi e di dirgli che il suo cane abbaia proprio in quel modo, e, quindi, ero al settimo cielo.
Poi, ripeto, ci sono state “Vernice fresca”, “Aria fresca”, “Domenica In”, Raffella Carrà, le trasmissioni sono tante, però “Stasera mi butto” fu quella che proprio mi ha fatto un piacere enorme».

D. Cosa evidenzia la sua vita di comico tipicamente toscano? 

R. «Io riesco a ridere su ogni cosa, riesco a trovare il lato comico in tutto, anche in un lutto. Pensa mi è successo recentemente quando è morta mia mamma: è entrata una signora in questo obitorio (mia madre poverina si è spenta in ospedale) e guardando mia madre ha detto: “La conoscevo bene, la conoscevo bene…” Ho guardato mia sorella e gli ho detto: Io questa non l’ho mai vista però… E la signora continuò a dire: “La conoscevo bene, eravamo amiche, si è proprio lei e ci vedevamo tutti i giorni”. Strano perché io e mia sorella eravamo sempre lì tutti i giorni; ma dopo trenta secondi è entrato un uomo, che le ha battuto sulla spalla e le ha detto: “Guarda che mia mamma è questa di qua”. Io ho iniziato a ridere, piangendo ma ridevo perché dicevo come si può arrivare a fare una cosa del genere; quindi per me la comicità è in ogni cosa».

D. Che ruolo ha avuto nella sua formazione artistica la cosiddetta toscanità schietta e senza peli sulla lingua?

R. «La toscanità, schietta e senza peli sulla lingua è stata per molto tempo osteggiata perché dicevano che eravamo volgari. Questo adesso non succede più perché hanno sdoganato tutto e in televisione o anche da altre parti ormai si parla di argomenti assurdi, dal sesso a tutto il resto… Devo dire che io ho avuto un periodo in cui attaccavo molto la politica, come mi piacerebbe fare ancora, destra, sinistra non mi interessa e chi sbaglia paga, e soprattutto i modi di essere in Italia. A qualcuno potrà dare fastidio, ma io non ho mai avuto dei limiti, per cui se mi va di parlare parlo e qualcuno ci può rimanere male, e si alzerà andrà via. Non è che posso fare di più…».

D. Che ruolo hanno avuto nel suo lavoro personaggi come Carlo Conti, Leonardo Pieraccioni, Giorgio Panariello, Alessandro Benvenuti, Alessandro Paci, Niki Giustini. Con i quali ha collaborato e collabora tutt’oggi?

R. «Dunque io ho collaborato moltissimo all’inizio con Carlo Conti, Niki Giustini, Giorgio Panariello; poco con Leonardo, perché Leonardo in realtà è sempre stato nei film e poi non è che ha fatto tanta televisione. Io ho lavorato con Carlo Conti, con Giorgio Panariello, il mio partner di riferimento era Niki Giustini, con il quale ho lavorato trent’anni e ho passato i momenti più belli della mia vita. Devo dire che ultimamente frequento molto Alessandro Paci, Gennai, queste persone toscane che comunque riusciamo a vederci. Di Carlo Conti e di Giorgio Panariello ho ancora il loro numero, ma sono improbabili, irraggiungibili perché ormai sono alla RAI e probabilmente non hanno ricordi forti di chi ha lavorato con loro».

D. Si ritiene soddisfatto della sua carriera?

R. «Ho avuto tutto dalla vita, ho avuto una carriera che volevo, un lavoro che mi piaceva, ho una moglie, due figli, i genitori che hanno vissuto fino a 90 anni, quindi credo che poche soddisfazioni possono andare oltre. Certo, se ci fosse più lavoro, più cinema come sta arrivando in questo momento, sarei ancora più contento; però aspettiamo primavera e vediamo questi tre film e poi dopo ne parliamo».

D. Se dovesse effettuare un bilancio della sua esperienza artistica, cosa vorrebbe aggiungere o togliere?

R. «Dunque, per me questo è un lavoro, ma che non ho mai considerato un lavoro. L’ho sempre considerato un divertimento. Poi, rivedendo gli altri colleghi, alcuni dei quali lo prendevano come un lavoro, forse avevano la loro ragione, nel senso che anche è un lavoro, però questo è talmente bello come lavoro che non lo puoi neanche paragonare lontanamente a un lavoro, per cui è un divertimento. Sì c’è la fatica, perché comunque devi prepararti, devi studiare, devi mettere in scena, devi lavorare sul personaggio, eccetera, però è tutta soddisfazione. Può andare male una serata, ma il giorno dopo se va bene l’altra hai già messo in banca quello che volevi e la soddisfazione è già arrivata… Metterei più serietà e toglierei un po’ di leggerezza in quello che ho fatto finora».

D. Al di là della sua vena comica, cosa la preoccupa maggiormente dell’attuale condizione mondiale?

R. «Io ho due figli, uno di 24 anni e uno di 20, è l’unica preoccupazione che ho. Poi la situazione mondiale mi preoccupa perché loro sono giovani. Io ormai ho 61 anni, a me, ti ripeto, quello che ho avuto mi basta, quindi mi dispiace per loro perché li vorrei vedere in cima al mondo, invece in questa situazione qui vedo molta criticità in giro e non vedo una sicurezza per chi è veramente giovane».

D. Può anticiparci brevemente i contenuti dei suoi prossimi spettacoli “Solo (pochi minuti alla mezzanotte)” in programma l’11 dicembre, alle ore 21, al Teatro Arté di Capannori (Lucca) e “Aspettando Mezzanotte” previsto il 31 dicembre, alle ore 21,15, al Cinema teatro 4 Mori di Livorno?

R. «Io ho sempre fatto uno spettacolo basato sull’attualità. Questa volta ho messo un poco di come ho iniziato a lavorare, quindi ci saranno dei racconti su come ho iniziato e i vari personaggi che ho fatto. Poi ci sarà una parte di cabaret puro, ma soprattutto ci sarà una parte musicale, dove anche canterò e sarò accompagnato da due bravissimi esecutori, perché sono fantastici e sono i “30 corde”. Sono un duo con due chitarre e si chiamano “30 corde” e il motivo è facile da capire, perché la chitarra ha 5 corde e questi si chiamano 30, perché veramente sembrano un’orchestra quando suonano. Li ho presi con me e loro sono contentissimi di fare questa esperienza. Comunque sarà uno spettacolo di varietà; il cabaret è bello, ma il varietà credo che sia ancora più forte».