Il Comune di Folgaria, nell’ambito del progetto Galassia Mart promosso dal Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, presenta una mostra a cura di Giosuè Ceresato, dedicata all’opera di Matteo Boato.
Con una mostra a Maso Spilzi di Folgaria viene presentata al pubblico una selezione di opere pittoriche dell’artista Matteo Boato, prendendo in considerazione alcuni dei suoi lavori più noti, ma anche dipinti raramente esposti, oppure di recentissima esecuzione, e un gruppo di ceramiche, molte delle quali inedite.
Grazie alle opere di Boato il fienile di Maso Spilzi si trasforma in una sala da concerto. In alto, come nei nobili palazzi settecenteschi, un quintetto d’archi esegue una melodia che, sinesteticamente, può essere ascoltata solo con gli occhi. Una musica composta da colori e forme cui rispondono – a volte con riverberi cromatici, a volte danzando – i tetti, le case, i palazzi e le piazze delle opere disposte nel percorso artistico allestito nello spazio sottostante.
La mostra si apre con la serie Islanda, dove la memoria di un viaggio nell’nord Europa si concentra su un ristretto gruppo di case dai tetti spioventi, in una terra estrema dove la presenza umana è limitata al minimo e dove l’elemento protagonista è l’acqua, in tutti i suoi stadi fisici. Seguono poi i dipinti Case riflesse, nei quali un edificio che richiama alla memoria il Palazzo Ducale di Mantova, con un portico nella parte inferiore e grandi finestre vitree nella sezione superiore, viene raffigurato secondo due differenti prospettive di luce. La superficie dipinta copre e, allo stesso tempo, rivela un sottostante fondo pittorico di calore o intensità cromatica differente, mentre l’allestimento, riprendendo il titolo della serie, crea uno spazio speculare, con l’intento di creare uno luogo fisico e mentale in cui riflettere sulla memoria trasmessa dagli edifici. Un paesaggio del quartiere trentino di Piedicastello, visto dal fiume Adige, con il mausoleo di Cesare Battisti sul colle del Doss Trento e la chiesa di Sant’Apollinare, edificio benedettino, funge da overture alla coppia di due quadri della serie Ora et Labora, contraddistinti da una messa in scena vorticosa.
Una disposizione scenografica è destinata ai sei elementi del gruppo Cielo di tetti, in cui la sintesi pittorica di Boato arriva quasi a toccare l’astrazione, concedendo all’esposizione un capitolo di grande esaltazione cromatica. Segue poi la sezione dedicata alla serie Piazze, dove sono riconoscibili, secondo una prospettiva “a volo d’uccello” tutta immaginata, gli edifici di alcuni importanti centri abitati italiani ed europei. Qui, fitte gocce di materia pittorica rappresentano i “pensieri eterni” delle persone che le vivono o che le hanno vissute, e che permangono nonostante il passare del tempo.
La serie di Teste propone una riflessione di Boato sul tema dell’autoritratto e dei tentativi di creazione di un Alter ego. Le continue variazioni, nei vari esemplari, dei caratteri fisionomici, sono affrontate, secondo un processo demiurgico, attraverso la modellazione dell’argilla, poi cotta ad alta temperatura per trasformarla in ceramica. Sempre da un ragionamento sul confronto con il proprio Alter ego nasce anche la serie di Corpi. Elaborate durante un periodo di crisi, durante il lockdown del 2020 e del 2021, queste opere hanno fatto emergere la dimensione più malinconica dell’artista, impossibilitato dal vivere il lato più tangibile dell’esistenza, cioè il contatto umano.
Chiude la mostra la potente serie degli Archi, che presente i dettagli di un violino, di una viola, di un violoncello e di un contrabasso, indagati nelle loro linee come se fossero nudi di copri umani e che rimandano a persone reali legate emotivamente all’artista.
La tecnica pittorica di Boato si distingue per il segno grafico che si alterna, con singolare contrasto, a campiture di colore decisamente materiche che pretendono, visto il legante ad olio, lunghissimi tempi di asciugatura. Il processo artistico con il quale l’artista compie un’operazione di riflessione sul tema della memoria, quasi come se ogni singola tela rappresentasse la pagina di un diario personale, trova molteplici e interessanti rimandi al romanzo Austerlitz (2001) dello scrittore tedesco W.G. Sebald, dove i ricordi personali di un docente universitario sono aggrappati, quali testimoni muti, ad edifici pubblici come stazioni, biblioteche e fortezze, elementi chiave che gli permettono di ricostruire la sua storia e la sua identità.
“Il Comune di Folgaria è lieto di accogliere, anche quest’anno, un nuovo appuntamento d’arte negli spazi suggestivi del fienile di Maso Spilzi, nell’ambito del progetto Galassia Mart promosso dal Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Promuovere la cultura significa contribuire in modo concreto alla crescita del territorio, stimolando riflessione, partecipazione e senso di comunità. Progetti come questo sono il frutto di una rete virtuosa tra istituzioni, artisti e cittadini, e rappresentano il cuore della nostra proposta culturale.” Affermano il Sindaco Michael Rech e la Vicesindaca e Assessora alla Cultura Stefania Schir
Matteo Beato nasce a Trento il 6 ottobre 1971.
Si diploma nel 1992 in chitarra classica. Nel 1997 si laurea in Ingegneria civile presso l’Università degli Studi di Trento. Nel 1998 consegue il Diploma di Architettura bioecologica presso l’HSA di Torino. A partire dal 2001 si dedica unicamente alla pittura.
Già nel 1999 Matteo Boato comincia una delle sue serie pittoriche più fortunate, dal titolo Le case danzanti, dedicata ai centri storici delle città, tra cui Venezia, Burano, Trento, Rovereto, Padova, Verona, Feltre, Bergamo, Milano, Riva del Garda, Bologna, Gubbio, Firenze, Siena, Lucca, Sorano, Roma, Loreto, Mantova, Parma e molte altre, anche in paesi esteri. Il senso dell’indagine, condotta attraverso segni grafici alternati ad aree cariche di abbondante materia pittorica, è quello di perlustrare l’anima della città e le storie delle persone che lì abitano o che da lì passano camminando. Altro tema pittorico che affronta Boato è quello degli Alberi, raffigurati attraverso uno sguardo dal basso verso l’alto e con le multicolori varianti in base alla stagione, oppure nella serialità dei loro tronchi, ma anche il soggetto delle Mani, elemento fondamentale della forza espressiva dell’essere umano. Quando, invece, dipinge i copri umani, Beato allunga e trasfigura le membra e accentua l’espressività dei volti, con uno stile che si avvicina a quello di Egon Schiele, uno dei suoi riferimenti artistici.
Tra le opere pubbliche realizzate da Boato si segnalano i lavori presso la Nuova Corte d’Appello di Roma, la Nuova Scuola Elementare di Borgo Valsugana, la Scuola Primaria e Secondaria di Levico Terme, la Scuola Materna di Povo, la Scuola Materna di Mezzano, il Presidio Ospedaliero di Borgo Valsugana, il Nuovo Polo Scolastico di Pergine Valsugana.
Boato ha esposto in Italia, ad Alessandria, Alghero, Asolo, Barletta, Bergamo, Carrara, Castel Ivano, Castelfranco Veneto, Feltre, Ferrara, Fortezza, Genova, Imbersago, Lucca, Mantova, Milano, Modena, Moena, Mogliano Veneto, Padova, Parlesca, Riva del Garda, Roma, Rovereto, Saronno, Torino, Tortona, Trento, Udine, Venezia, Verona, Vicenza e Vigevano, e all’estero, Barcellona, Belfast, Berlino, Bruxelles, Cheboksary, Dandee, Dresda, Edinburgo, Fukuoka, Gabala, Glasgow, Groeningen, Hakone, Hong Kong, Kirov, Lisbona, Londra, Losanna, Lugano, Minamiashigara, Mosca, Nizhny Novgorod, Odawara, Parigi, Riga, Rostov-on-Don, Siviglia, Sonthoven, St. Andrews, Tarragona, Yaroslav e Yekaterinburg.
Nel 2011 Viene invitato alla Biennale di Venezia (Padiglione Italia, Trentino-Alto Adige). Partecipa come docente ad attività formative dedicate alla progettazione artistica di gruppo, lavori di regia e scenografia e performance. Illustra i libri Destini oltre il mare di Daniela Larentis, L’eredità del Corvo di Marina Kessler, Un amore in piazza di Daniela Larentis e Nadia Clementi, 5 minuti sul lettone, di Chiara Lombardo e Perchè il campanile di Burano pende? di Laura Boato.
Giosuè Ceresato, storico dell’arte, è curatore presso il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Tra i suoi interessi ci sono la storia della critica dell’arte del XVIII e XX secolo e l’arte del XX e XXI secolo.
Ha conseguito la laurea magistrale in Conservazione e gestione dei Beni culturali presso l’Università degli Studi di Trento e il diploma di specializzazione in Beni storico-artistici presso l’Università degli Studi di Udine. Dal 2019 al 2023 ha collaborato con i settori Archivi storici e Biblioteca del Mart di Rovereto, dove ha coordinato un progetto digitale dedicato alla collezione di opere verbovisuali dell’Archivio di Nuova Scrittura. Dal 2024 lavora per l’Ufficio mostre temporanee del Mart.
Ha curato le mostre La persistenza dell’effimero. La donazione d’arte di Luigi Lambertini (Rovereto, Palazzo Alberti Poja, 2023) e Li Yongzheng. Nel profondo di questo deserto (Rovereto, Mart, 2025). Ha pubblicato schede di opere e saggi in cataloghi, manuali e riviste specialistiche, tra i quali Clementino Vannetti teorico d’arte: una lettura delle “Notizie intorno al pittore Gasparantonio Baroni Cavalcabò di Sacco” (2016), Gli anni ’70. Vivere il mito del Mediterraneo, in Domus Contemporanea. L’arte italiana e il “Classico” (2023) e Dalla tragica profezia alla redenzione. Aspetti iconografici e fonti letterarie per il Giuliano, in Il teatro aureo. I disegni di Luciano Baldessari per il Giuliano di Riccardo Zandonai (2024).