L’opinione del cantautore Cionfoli sul Festival di Sanremo. Intervista di Carlo Pellegrini

Da poche ore si è conclusa la 75a edizione del Festival di Sanremo tenutasi al teatro Ariston dall’11 al 15 febbraio. Ad aggiudicarsi la vittoria è stato il giovane cantautore Olly con la canzone “Balorda nostalgia”.

Anche quest’ anno la storica manifestazione ha confermato gli stili e le caratteristiche degli ultimi Festival.
Il conduttore Carlo Conti, che ha curato anche la direzione artistica, ancora una volta ha espresso la sua raffinata professionalità.
A nostro avviso però questa 75a edizione non lascerà segni evidenti da rimanere impressi negli annali. Purtroppo da tempo il Festival manifesta chiaramente l’assenza di belle canzoni, di brani orecchiabili e di autori qualificati.
Comunque è sempre il Festival di Sanremo che ci accompagna puntualmente ogni anno nel cuore dell’inverno.
Anche per questa edizione il nostro giornale ne ha parlato con un caro amico, il cantautore Giuseppe Cionfoli che da vari anni risponde puntualmente alle nostre domande.

D. Cionfoli, può rilasciarci una valutazione sommaria su questa 75a edizione del Festival di Sanremo?
R. «Carlo, ma perchè c’è stato il Festival di Sanremo? Io ho visto soltanto pubblicità e cambio di abiti. Ho visto solo questo! Venerdì sera, Mahmood, che si è cambiato tre o quattro volte, peggio di una signorina, non aveva niente a che fare con il Festival. Per quanto riguarda le cover, cosa cantano in inglese? Questi cantanti dove andranno mai a cantare in Inghilterra, in America? È una cosa assurda. Le cover fatele con le canzoni italiane perchè sono quelle che devono essere cantate. Non ci sono state canzoni che mi sono piaciute. Quella di Cristicchi è una bella canzone; “il resto è noia”… Mancano le canzoni e gli autori. Di questo Festival dei big ricordo solo Massimo Ranieri, Giorgia, Marcella, Gabbani, Achille Lauro e il resto non so chi sono.
Carlo, credo che il nome “big” dovrebbe essere un sinonimo di chi è conosciuto da tutti e non soltanto dai giovani. Purtroppo la musica è cambiata. Nelle radio si fa musica soltanto per i giovani e non per quelli della mia età o che hanno sessanta-settanta anni. Il Festival è diventato questo. Il Festival è diventato anche una canzone tra una pubblicità e l’altra…».

D. Ritiene che questo Festival, nel bene o nel male, possa lasciare delle tracce indelebili?
R. «Non credo, come del resto i Festival degli ultimi anni. Non penso che anche questa edizione possa lasciare dei segni. È un Festival di Sanremo come tutti gli altri di questi ultimi anni. Forse quest’anno è durato di meno, anche se venerdì sera alle ore 1:15 stavano ancora a cantare; mi sembra esagerato perdere così tanto tempo per cose che non hanno niente a che vedere con il Festival. Credo che i Festival degli anni Ottanta abbiano lasciato un grande segno. Forse, se vogliamo proprio vedere dei segni, penso che siano stati gli abiti cambiati in continuazione dalle presentatrici e dai presentatori. Comunque, tutto sommato, quest’anno le canzoni non sono state male. Poi ho notato molto eleganzanel vestirsi».

D. A suo avviso, cosa occorre specificamente per ritornare ai Festival memorabili degli anni Ottanta?
R. «Al di là di qualcuno che lo è, mancano i big e mancano gli autori delle canzoni. Quest’anno mi sembra che ci fossero stati uno o due autori che hanno presentato dodici o sedici canzoni. È soltanto un giro di Siae e di soldi delle case discografiche. Purtroppo questa è la verità. Quando riascolteremo, per esempio, una canzone come “Ancora” cantata da Edoardo De Crescenzio o “Vita spericolata” di Vasco Rossi si potrà pensare a dei bei Festival».

D. Se gli ultimi Festival di Sanremo concedono soltanto canzoni “decadenti” e mancanza di grandi autori di canzoni, chi sono i vincitori?
R. «Il termine vincitori è molto complesso. Di solito non sono mai quelli che hanno vinto veramente. Faccio un esempio: nell’edizione del 2019, in cui fu mandato fuori Ultimo, che si classificò secondo, per far vincere Mahmood i giornalisti e la sala stampa fecero il gioco più grosso. È chiaro che è soltanto una questione di gusti e di scelte politiche».

D. Cosa pensa della vittoria di Olly ai giorni nostri?
R. «Olly non lo conosco. La canzone non è male. Come ripeto sono i giornalisti e l’ufficio stampa che votano. Sono loro che ribaltano sempre i pronostici. Il pubblico ha fischiatoperchè pensava che dovesse vincere giustamente Giorgia e invece ha vinto Olly. Questo Festival ha spiazzato un pochino tutti».