Da Laura Papini, affezionata lettrice ed attenta osservatrice di quello che accade in città, riceviamo e pubblichiamo:
La lettera di commiato di Guja è giunta inaspettata, o forse eravamo noi ad augurarci non arrivasse. Il suo malessere era noto da tempo, ma io stessa speravo che il periodo di riflessione e di riposo potessero restituirle forze fisiche e mentali ed indurla a riprendere il suo posto. Non ce l’ha fatta. Appena letta la sua lettera, ho pensato di risponderle, ma non con due righe private, forse troppo facili e convenevoli, bensì con una lettera pubblica con cui non solo ringraziarla per l’impegno e la dedizione profusi nei mesi in cui ha tenuto sulle spalle il Comune, ma riportare pubblicamente sullo stesso periodico cui lei ha deciso di affidare le sue parole certe mie sensazioni provate in più occasioni collaborando con lei quando il Sindaco Giurlani esercitava pienamente il ruolo affidatigli dai pesciatini e nell’anno in cui Guja ha ricoperto le funzioni di Sindaco. Credo che poco sia stata ascoltata sia prima che dopo.
Proposte di progetti lungimiranti, suffragate da incontri con esperti, hanno trovato un muro o sono state accolte di facciata. Ricordo bene l’entusiasmo convinto all’idea di dar vita a Pescia alla Città dei bambini e delle bambine. La Consulta della cultura, della quale ero stata chiamata a far parte, con la prima amministrazione Giurlani aveva elaborato un bellissimo ed impegnativo progetto grazie al quale il Comune si era spalancata la strada al riconoscimento di Pescia Città delle bambine e dei bambini, un progetto che Guja aveva fatto proprio e che intendeva attuare. Andammo a Roma per incontrare Francesco Tonucci, l’ideatore delle città dei bambini che già ci aveva aiutato nella elaborazione del progetto. Guja rimase colpita dalla forza ideale e dalle concrete ed apparentemente semplici linee attuative che Tonucci ci dette insieme alla disponibilità a seguire direttamente l’esperienza. Riportò idee ed entusiasmo all’Amministrazione ed al Sindaco. Di lì a poco cominciai a percepire che di quelle idee niente sarebbe stato attuato. È vero, ogni occasione pubblica era buona per vantarsi del riconoscimento di Pescia come Città delle bambine e dei bambini e che per essi in primis si stava lavorando al recupero del vecchio mercato dei fiori. Non è uno spazio dedicato in primo luogo a bambini e ragazzi la filosofia della città dei bambini e Guja lo sapeva bene, ma oltre non si andava e niente si muoveva nel presente né per un progettato futuro ed io mi sentivo sempre più delusa. Ugualmente quando in tre, Guja in testa, andammo a Pollenzo a conoscere e prendere contatto con l’Università delle scienze gastronomiche ideata e diretta da Carlo Petrini. Rimanemmo entusiasti dalla organizzazione, dai fini e dai percorsi didattic-formativi di quella Università e Guja in particolare prese riferimenti e contatti per definire progetti in collaborazione con l’equipe di Pollenzo, tutti tesi a valorizzare le eccellenze pesciatine, ad avviare anche nel territorio della nostra città la filosofia di slow food e ad ospitare studenti dell’Università per svolgere tirocini previsti dal loro percorso di studi. Più facile e più immediata forse da avviarne la realizzazione rispetto alla Città delle bambine e dei bambini, vista la vocazione propria del nostro territorio. Entusiasmo ed idee concrete che Guja riportò all’Amministrazione e al Sindaco, ma che sembrarono spegnersi di lì a poco. La mia delusione fu ancora una volta grande, ma cominciai a capire che l’inerzia e la chiusura di fronte a innovazioni e ad una progettualità che qualificassero città e territorio non dipendevano da entusiasmi facili da nascere ed altrettanto facili a scemare di Guja, bensì da una scarsa sensibilità dell’intera amministrazione, che non amava ascoltare proposte innovative e lungimiranti in cui coinvolgere l’intera collettività in un progetto di città nuovo, gratificante e partecipativo. Cominciai allora a convincermi che, nonostante apprezzamenti di facciata, Guja fosse una voce sempre più sola. Ne ebbi conferma durante gli incontri pubblici in cui veniva presentato il piano strutturale: niente era previsto nella riorganizzazione del territorio per la città dei bambini tanto declamata: non c’erano piste ciclabili, non erano previsti percorsi pedonali, né zone della città, fagocitate da auto, di cui bambini e cittadini potessero riappropriarsi. Credo che Guja si fosse accorta di tutto questo, ma prevalesse in lei un profondo senso civico. Di fronte ad evidenze sempre più nitide ha riposto fiducia nel gioco di squadra ed ha accettato di non far morire la legislazione con la speranza di riuscire a porre le basi per dare una svolta alla città. La dedizione totale in questo suo impegno forse non le permetteva di vedere come, nonostante le dichiarazioni di circostanza, intorno a lei non tutti operassero con i suoi medesimi intenti. Da fuori invece le sensazioni erano sempre più chiare, almeno per me. Tanti tasselli si univano alle precedenti esperienze: un impegno da lei profuso per il rifacimento di un pubblico lavatoio, strumento importante per una piccola comunità come quella di Monte a Pescia, trovava muro negli uffici e non andava avanti, la sede del prestigioso Liceo Lorenzini, colpevolmente dimenticata dal piano strutturale, ma alla quale in mesi non è seguita alcuna azione concreta per una reale, dignitosa e definitiva soluzione (eppure poteva essere sfruttata l’opportunità di fondi del piano nazionale di resilienza), punzecchiamenti di assessori ed impiegati che mettevano in discussione o contraddicevano alcune sue indicazioni erano tutti segnali di una crescente solitudine in cui Guja era confinata e di cui, credo, pian piano ella stessa sia venuta cosciente.
Nella sua lettera di commiato Guja non parla di tutto questo, ma, come nel suo stile educato e rispettoso, mai vendicativo, ringrazia tutti, compresi coloro con cui ha effettuato il percorso amministrativo. Un comportamento signorile non facilmente riscontrabile non solo nei politici. Delle sua solitudine, del suo essere troppo spesso una voce nel vuoto, di ciò che io ho percepito ho voluto parlare. La ringrazio di quanto ha fatto e spero di ritrovarla in un lavoro comune.
Laura Papini Pescia 12 gennaio 2022