A ricordare Carlotta Marchionni, in città, ci sono la traversa di via XXVII Aprile che le venne dedicata, e una targa nel foyer del Teatro Pacini.
L’attrice è una delle eccellenze pesciatine meno ricordate, una grande protagonista del teatro del Risorgimento, nata il 14 giugno 1796 da Angelo, a sua volta attore, dalla più modeste capacità, e dalla senese Elisabetta Baldesi; scomparsa il 1 febbraio 1864 a Torino, dove è sepolta nel cimitero monumentale, che sul proprio sito Internet le ha dedicato una pagina, all’epoca fu apprezzatissima interprete dei testi di Vittorio Alfieri.
Giovanissima, fu mandata in collegio a Verona, dalle suore Orsoline; si racconta che fu trovata in estasi davanti a una statua di Sant’Orsola, cui recitava filastrocche: recita che, poi, fu invitata dalla direttrice e dalle compagne a ripetere nelle ore di ricreazione.
Aveva solo 15 anni, nel 1811, quando venne scritturata come prima attrice dal capocomico Lorenzo Pani, ruolo che coprì fino al 1814, quando incontrò a Firenze gli artisti Antonio Belloni, Ferdinando Meraviglia, Carlo Calamai e Luigi Domeniconi, e insieme a Elisabetta Marchionni formò una società nella quale continuò a coprire il ruolo di prima donna assoluta, esordendo al piccolo teatro della Piazza Vecchia nella Pamela nubile di Carlo Goldoni.
Nel 1815 era a Milano, impegnata al Teatro Lentasio, quando fu notata dallo scrittore Ludovico Di Breme, di cui divenne ispiratrice e, probabilmente, anche amante; al teatro comunale di Mantova recitò nella sua tragedia Ida.
Nello stesso anno, al teatro Re di Milano, interpretò il ruolo della protagonista nella Francesca da Rimini di Silvio Pellico; l’arresto di Pellico e di Piero Maroncelli, la morte di Di Breme e il coinvolgimento di Angelo Canova, attore della Compagnia Marchionni, che accusato di aver aderito alla Carboneria era stato condannato a cinque anni di carcere per aver consegnato una lettera compromettente, segnarono un punto di crisi e di svolta nella vita personale e nella carriera di Carlotta.
Il giudice istruttore del processo Pellico-Maroncelli, Antonio Salvotti, sequestrò molte lettere di Maroncelli e Pellico dirette all’attrice, contenenti dichiarazioni d’amore e allusioni politiche, che nel febbraio 1821 le valsero la convocazione nel tribunale a Venezia; dopo un interrogatorio in cui si chiedeva di chiarire il titolo di cugini che Pellico e Maroncelli si davano nelle lettere e quale fosse la consapevolezza politica di Canova venne rilasciata, ma per lei la stagione era ormai chiusa: Milano non sarebbe più stata la città dei vivaci dibattuti tra classici e romantici, la severa censura austriaca avrebbe influito negativamente sul suo lavoro, vietando la rappresentazione delle tragedie di autori di idee liberali.
La compagnia si sciolse, e Carlotta divenne prima attrice nella Compagnia Reale Sarda, dove rimase fino al 1840, quando si ritirò dalle scene; dopo il ritiro, divenne insegnante dell’Accademia Filodrammatica di Torino, solo nel 1843 tornò sul palco per interpretare, per beneficenza, un’opera di Pellico, la tragedia Gismonda da Mendrisio.
Molto legata alla madre, deceduta nel 1836, e alla cugina Teresa che fu fidanzata del Pellico, protesse con grande impegno la propria vita da indiscrezioni e maldicenze; solo di recente è venuto alla luce un epistolario che ha portato alla scoperta di alcune relazioni sentimentali; in tarda età Carlotta si impegnò in sostegno alla femminista provenzale Clementina De Como, l’autrice di Emancipation de la femme.