Rimane non facile sintetizzare in un’intervista la lunga esperienza calcistica dell’ex portiere Marco Ballotta.
D’altra parte il nome di questo atleta emiliano impreziosisce il mondo del calcio dai primi anni Ottanta fino a pochi anni fa.
Nel 2008, a 43 anni, terminò la sua militanza nel grande calcio con la maglia della Lazio. Successivamente ha continuato a giocare nelle categorie inferiori, nelle quali ha concluso definitivamente la sua attività pochi anni or sono.
D. Ballotta, può ricordarci i suoi primati e le sue “vittorie”?
R. «Uno scudetto con la Lazio, tre Coppe Italia: una con il Parma e due con la Lazio, due Coppe delle Coppe con Parma e Lazio, una Surpercoppa italiana con la Lazio, due Supercoppe UEFA con Parma e Lazio, tre vittorie del campionato di Serie B con Reggiana, Modena e Treviso, e due vittorie del campionato di Serie C con il Modena. Al termine del campionato 1989/90 con il Modena conquistammo la serie B e in trentaquattro partite subii soltanto 9 reti».
D. In trentaquattro partite subire appena nove goal possiamo definirlo un record più unico che raro, non le sembra?
R. «Non so se sia un record unico, ma raro sicuramente».
D. Quale spinta propulsiva le ha consentito di rimanere ai massimi livelli fino a 43 anni?
R. «La spinta sicuramente è la passione che ho per questo sport, che poi è diventato una professione, ma l’ho visto ancora come passione più che professione. In più devi avere anche la fortuna di star bene fisicamente, devi trovare i contesti giusti, soprattutto quando vai avanti con l’età, avendo bisogno anche di stimoli e di un ambiente che possa magari agevolarti in questo. Nella Lazio ho trovato queste condizioni che mi hanno permesso di andare avanti fino a tarda età».
D. Possiamo conoscere i suoi idoli del calcio durante i suoi anni giovanili?
R. «Il mio idolo era Dino Zoff che, casualmente, ho ritrovato presidente della Lazio. Quando l’ho incontrato è stato un enorme piacere perché ritrovarmi davanti a quello che era il mio idolo da bambino e ritrovarmelo poi da presidente è stata sicuramente una delle cose che mi ha fatto veramente felice. Rivedere il mio idolo da bambino e rivederlo da presidente penso che sia una soddisfazione enorme».
D. Ha indossato la maglia di numerose squadre in contesti sociali diversi: Bologna, Modena, Cesena, Parma, Brescia, Reggiana, Lazio, Inter e Treviso; cosa si sente di affermare?
R. «Mi sento di affermare che il calcio è cambiato e sicuramente non perché è passato il tempo; adesso ci sono partite che sono meno divertenti di altre, però le cose vanno avanti… Le cose cambiano ed è giusto adeguarsi, assolutamente. Però io dico sempre che per andare avanti bisogna fare un passo indietro, trovare una via di mezzo, ma anche in questo caso cambierà, perché cambierà sempre… Ogni 5-7 anni ci sarà qualche regola diversa e arriveremo anche al punto che i portieri non potranno più prendere il pallone con le mani… perché adesso veramente si sta cercando di mettere in difficoltà parecchio questo ruolo. Però mi sento di dire che insomma è stata una carriera, a partire dagli anni ’80 fino ad arrivare al 2008, nella quale ho vissuto tanti cambiamenti e sono sempre riuscito a restare adeguato ai cambiamenti stessi. Ero anche un po’ predisposto ai cambiamenti; ad esempio, nel 1997, quando cambiarono la regola del passaggio indietro della palla al portiere e questi non poté più prenderla con le mani, mi sono trovato abbastanza a mio agio perché ero uno proiettato al futuro e con i piedi me la cavavo e quindi non ho avuto tanta difficoltà. Ti devi adeguare ai momenti. Io ho cercato di adeguarmi e sono andato avanti così tanto perché mi divertivo tantissimo anche negli allenamenti. Andando avanti pensi di essere arrivato e di lasciar perdere o di allentare un po’ anche per quanto riguarda il discorso degli allenamenti stessi. Io ero ancora come un bambino, arrivavo prima al campo e cercavo di essere il primo ad entrare in campo perché mi divertivo. La passione è passione c’è poco da fare. Se hai questa puoi andare veramente avanti tanto anche trovando le condizioni giuste».
D: Quali sono stati i momenti indimenticabili della sua carriera?
R. «Le soddisfazioni sono state tante. A volte sono soddisfazioni anche per scelte non volute. Mi è capitato che la svolta è stata appunto a Cesena. Quando andai a Cesena, proveniente dal Modena, c’era un accordo che se ci fossimo salvati dalla retrocessione in serie B sarei rimasto a Cesena; invece si retrocesse e dovevo rientrare così a Modena. A Modena c’era l’allenatore Eugenio Bersellini che non mi voleva come portiere. Io se dovevo tornare a Modena contro la volontà dell’allenatore, facevo fatica, al che mi chiamò Giambattista Pastorello, che era il mio direttore sportivo quando ero a Modena, e mi chiese di andare a Parma subito. Non ero del parere perché avevo giocato poco a Cesena, andavo a Parma dove c’era il portiere Claudio Taffarel e giocare poco un altro anno non mi andava. Poi ho deciso, va bene, andiamo lo stesso, essendo anche vicino a casa. E da lì è stata la svolta e ho cominciato a togliermi le prime soddisfazioni, la vittoria della Coppa Italia battendo in finale la Juventus per 2-0. Quella fu la prima soddisfazione importante perché avevamo reso felice anche una città, perché vincere la Coppa Italia per Parma in quel periodo non era sicuramente prevedibile».
D. Le partite da lei disputate sono quasi incalcolabili. Quali tra queste le rimarranno indelebili nel suo cuore?
«A Torino, quando giocavo nella Lazio, contro la Juventus, perché abbiamo vinto 1-0 con goal di Simeone ed è stata un po’ la svolta per la vittoria finale dello scudetto. Era il 28 novembre 1999. Ricordo volentieri anche la finale di Coppa delle Coppe al Wembley il 12 maggio 1993, in cui abbiamo vinto questo trofeo col Parma battendo l’Anversa per 3-1. Fortunatamente di soddisfazioni ne ho avute tante…».
D. In definitiva, cosa l’ha sorpresa della sua carriera?
R. «La soddisfazione che tutt’oggi in tanti ricordano appunto quei momenti della mia carriera e mi ricordano come portiere affidabile. A parte il discorso del campo penso che sia importante anche essere utili fuori, soprattutto nello spogliatoio, è quello che ti fa andare avanti, perché ti fanno sentire importante, ma devi essere tu principalmente a dare anche l’esempio. La fiducia è fondamentale, io la davo e lo sentivo nei compagni; così le cose possono continuare, non dico senza problemi, però con una certa soddisfazione».
D. Quali persone sono state significative per raggiungere i suoi risultati?
R. «Devo ringraziare tutti, ma io dico che comunque tocca sempre a te, sei tu che vai in campo, sei tu che comunque devi andarci in maniera giusta. I momenti difficili li passi, sei tu che devi comunque passarli, ti devi dare una mano ad aiutare… Non sempre trovi degli aiuti nei momenti di difficoltà, le trovi quando le cose vanno bene, soprattutto nel calcio, e quindi devi anche un po’ arrangiarti. Comunque penso che la famiglia sia fondamentale: sono stato via da casa veramente tanti anni, ma in casa non mi hanno mai fatto pesare questo. Poi ci sono magari degli allenatori con i quali sei più legato perché hai trovato un rapporto anche al di fuori della professione; sono quei rapporti che fanno la differenza».
D. Se dovesse tenere una lezione etico-calcistica a dei ragazzi cosa raccomanderebbe a loro?
R. «Alleno giornalmente i ragazzini perché mi diverto, ma oggi è difficile confrontarsi con i ragazzi. Hanno una mentalità completamente diversa sono troppo attenti ai social, magari vedo anche che si divertono il giusto quando sono in campo; allora devi cercare di far dimenticare quello che è l’esterno in quelle due ore di allenamento e cercare di dargli qualcosa in più e farli appassionare il più possibile a questo sport cercando di allenarli nella maniera giusta, parlando e facendoli anche parlare, perché hanno comunque bisogno di farlo. Oggi generalmente i ragazzi parlano poco; quindi hanno bisogno di confrontarsi. Poi sanno già tutto, sembra che a 14-15 anni sappiano già tutto, ma alla fine è solo un modo per dimostrare la loro debolezza. È l’atteggiamento che è sbagliato, però cerchiamo di aiutarli nel miglior modo possibile, assolutamente».