Carlo Bellandi, pesciatino, fu notaio nella nostra città dal 1953 al 1993 quando, settantacinquenne, si congedò dalla professione.
In gioventù Bellandi fu prigioniero nei campi di concentramento in Polonia e Germania. Tornò a casa nel 1945 deperito nel fisico –pesava appena 47 chilogrammi– ma non nell’animo. Erano anni duri, durissimi, per lui e la sua famiglia. Ciò nonostante riuscì ad ottenere l’abilitazione notarile ed avviare l’attività di notaio… “fu la moglie a convincerlo che quella sarebbe stata la professione adatta a lui, alle sue capacità, ai suoi studi in Legge…”
Bellandi morì nel 2001 a 83 anni, in molti lo ricordano ancora oggi per la sua generosità, onestà intellettuale e finezza d’intuito.
Ciò che è meno noto è che Bellandi era anche un bibliofilo, un collezionista di libri antichi, rari. “Fu negli anni dal 1970 al 1980 che il babbo cominciò ad acquistare i preziosi libri, anche alcuni incunaboli, manoscritti in latino scritti tra il 1450 e il 1500″, ricorda oggi il figlio Francesco, medico. In particolare, Bellandi, ricercava i testi nelle biblioteche di Firenze e Bologna, pubblicati da un editore pesciatino, Piero Pacini.
“Accumulava libri per la bellezza intrinseca dell’opera, non certo per denaro o investimento, ed attribuiva ad ognuno un valore affettivo. Era innamorato della “bellezza della fragilità“, lo incuriosiva il fatto che un libro fosse stato scritto secoli prima e lo angosciava l’idea che l’incuria potesse danneggiarlo o distruggerlo per sempre”.
Tre di quelle opere sono esposte alla Biblioteca Capitolare, nella mostra dedicata ai 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, visibile su prenotazione fino al 12 dicembre, il cui catalogo a cura di Paolo Vitali è presentato in queste ore.
“Auspico che alcuni dei libri possano venire donati, magari proprio alla Biblioteca Capitolare, si tratterebbe del regalo da parte del babbo alla città che tanto ha amato”.