Non più solo il bisturi per eliminare i noduli alla tiroide, grazie alla termoablazione a radiofrequenza: un trattamento alternativo applicato dall’equipe dell’ospedale SS Cosma e Damiano per curare i pazienti.
“La tecnica -ha spiegato il dottor Francesco Feroci, direttore della struttura operativa di Chirurgia Generale di Pescia- consiste nell’introduzione di aghi all’interno delle lesioni, sotto guida ecografica, che trasmettono onde a radiofrequenza. Le onde, a contatto con i tessuti, sviluppano calore provocando la necrosi cellulare del tessuto, cioè la distruzione, che consente la riduzione volumetrica della lesione, con soddisfacenti risultati terapeutici”.
Da gennaio sono stati eseguiti 10 trattamenti con termoablazione a radiofrequenza. I pazienti, dopo valutazione specialistica, sono stati sottoposti a questo trattamento in anestesia locale e, grazie alla scarsa invasività della metodica, sono stati dimessi dopo sole due ore, senza nessuna cicatrice cutanea. L’AUSL Toscana Centro ha stimato in circa 50 gli interventi di termoablazioni ogni anno che si aggiungono ai 150 interventi chirurgici tradizionali eseguiti annualmente dalla chirurgia generale del SS Cosma e Damiano.
Le termoablazioni sono state eseguite dal dottor Feroci, esperto nazionale in questo tipo di trattamenti insieme alla dottoressa Angela Coppola, specialista in medicina nucleare dell’Ospedale di Prato, coadiuvati dalla equipe anestesiologica (diretta dal dottor Giuliano Michelagnoli) ed infermieristica (diretta da Roberta Gentili).
“La chirurgia resta la prima scelta terapeutica –ha proseguito il dottor Feroci– ma esistono alcuni casi di neoplasie tiroidee, sia benigne che maligne, nelle quali la termoablazione può essere una valida alternativa terapeutica. Per la patologia nodulare benigna questa tecnica è indicata nei pazienti con gozzo nodulare che è causa di deviazione e compressione della trachea o dell’esofago e che presentano controindicazioni all’intervento chirurgico (ad es. i pazienti cardiopati). E’ indicata anche nei pazienti che presentano gozzi voluminosi con deviazione della trachea e che non possono essere intubati. In questi casi la termoablazione riduce il volume della massa e conseguentemente l’effetto della compressione. Rispetto alla chirurgia tradizionale, questo tipo di tecnica è più tollerata, comporta minor dolore, può essere eseguita in day hospital e le proprie attività quotidiane possono essere riprese dopo 24-48 ore.”
“I pazienti candidati a questo tipo di metodica, nell’ambito delle lesioni maligne – ha aggiunto la dottoressa Coppola – sono soprattutto quelli che sviluppano recidiva neoplastica a livello del collo, inoperabili o comunque non trattabili con altre strategie terapeutiche come la chemioterapia o quella radiometabolica. Un gruppo più ristretto è rappresentato poi dai pazienti che rifiutano l’intervento chirurgico o da quei casi di patologia nodulare che si accompagna ad ipertiroidismo, nei quali la termoablazione può essere proposta in alternativa ai trattamenti radiometabolici”.