Emozionante incontro per i ragazzi delle quinte dell’Istituto tecnico Anzilotti di Pescia, al teatro Pacini, con Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo Borsellino ucciso il 19 luglio 1992 nella strage di via D’Amelio a Palermo. Contattata da una docente di Lettere della scuola, Faussia Cerchiai, Fiammetta Borsellino ha parlato agli studenti, perché è quello che fa da molti anni, convinta che sia il modo più efficace per combattere la criminalità organizzata: <Le mafie si nutrono del consenso dei giovani, ecco perché la cultura e lo studio, che passano attraverso la scuola, sono strumenti fondamentali per salvaguardare i diritti e le libertà di ogni singolo cittadino>. Due ore di conversazione con gli studenti, senza interruzione, parlando di questioni personali. È stato affrontato anche l’argomento dei processi, di come funzioni ancora il crimine organizzato da nord a sud e di come si sia evoluto in questi trent’anni adattandosi a un mondo che cambiava: allora con le lupare, oggi con gli studi di finanza nei migliori college del mondo. C’è stato il ricordo dei protagonisti di quelle vicende: come Rita Adria, giovanissima pentita che aveva trovato nel giudice Borsellino un amico, e che poco dopo la sua morte, sentendosi troppo sola per andare avanti, si uccise, e don Pino Puglisi, ammazzato nel quartiere Brancaccio da uomini del clan Graviano perché insegnava ai ragazzi a tenersi lontani dalla violenza e dai crimini; o come tutte quelle vittime innocenti che si trovarono in quel periodo, tra gli Anni Settanta e Ottanta, nel posto sbagliato al momento sbagliato: Barbara Rizzo, uccisa coi due gemellini per errore al posto del giudice Carlo Palermo nella strage di Pizzolungo, o Graziella Campagna, freddata perché nella lavanderia dove lavorava aveva trovato nella tasca di una giacca un’agenda che non doveva trovare. Si è parlato di come a volte anche le carriere più straordinarie inizino per caso: Paolo Borsellino fu chiamato, giovanissimo, dal magistrato Rocco Chinnici, anche lui ucciso dalla mafia nell’83, a indagare sull’omicidio di matrice mafiosa del carabiniere Emanuele Basile; accettò, e rimase poi all’antimafia per imperativo morale, “perché attorno a me la gente continuava a morire”. C’è stato spazio per i ricordi quando ha parlato della nonna che ha voluto piantare un olivo nel luogo della strage e per il rammarico, perché non sempre la famiglia ha trovato la collaborazione che sperava, e perché pezzi dello Stato, di quello Stato in cui Borsellino e Falcone credevano profondamente, si sono mostrati indifferenti, o addirittura complici di quel sistema che ne ha voluto la morte. Non ha parlato mai di trattativa, Fiammetta Borsellino e non si è dilungata su quella misteriosa agenda rossa che sparì dal luogo della strage subito dopo l’esplosione. Ha aggiunto ricordi a ricordi il maresciallo dei Carabinieri Francesco Marraccini, comandante della stazione di Pescia, che ha iniziato la sua carriera nell’Arma proprio in Sicilia, a Catania, nel nucleo investigativo per la lotta alla criminalità organizzata, e ha voluto ringraziare la Borsellino per il suo impegno nei confronti dei giovani.